domenica 4 dicembre 2011

Quale crescita?


di Roberto Carroll

“Il paese deve crescere”, “Bisogna investire nella ricerca e nell’innovazione” “Bisogna puntare sullo sviluppo” sono frasi che da destra come da sinistra giungono alla pari di un mantra. Il bello è che diventa un po’ difficile per il profano comprendere cosa significhi e soprattutto se ci siano dei limiti a questa crescita ed innovazione.

Perché il paese cresca occorre, dicono tutti, che produca di più ma per produrre di più bisogna consumare di più. E come si può consumare di più se c’è meno denaro disponibile grazie all’aumento della disoccupazione sia giovanile, (di cui molto si parla) sia delle persone in età avanzata (di cui per nulla si parla)? La risposta è anch’essa univoca: non c’è occupazione perché nel nostro paese il costo del lavoro è troppo alto, per cui dobbiamo puntare su ricerca e sviluppo. Ottimo. Così la parola innovazione finisce per significare l’acquisto della Playstation 1, poi della 2 così da passare alla 3 per scoprire inoltre che i giochi (altri soldi spesi) da usare con la P2 non sono compatibili con la P3. Ergo: denaro al vento e consumatore truffato. Innovazione dovrebbe essere, in questo caso, nuovo prodotto compatibile con gli accessori del vecchio, visto che non stiamo vivendo un passaggio rivoluzionario come è stato quello dal vinile al Compact Disc.

Ma se fosse altrimenti i consumatori non potrebbero essere spremuti e magari risparmierebbero pure due euro: una vergogna nazionale.
L’esempio è sulla Playstation ma può calzare per le auto sempre meno resistenti, i personal e la capacità di menoria, gli Smart od I Phone, i televisori e così via.

Quello che davvero rammarica è vedere una classe politica che dovrebbe indicare un senso più ampio della vita umana, della libertà, della socializzazione tendere il proprio deretano ai diktat finanziari. Costoro sembrano inorridire come davanti un film di Dario Argento alle parole “rallentare”, “limitare un po’ i consumi”, “lavorare meno per lavorare tutti” “ridurre drasticamente la disuguaglianze economiche” “avere tempo per se stessi”. Più o meno quello che diceva Beppe Grillo anni or sono quando apparve per l’ultima volta in televisione e denunciò lo scandalo delle linee telefoniche pruriginose accessibili anche ai minori.
Di fronte a simili prospettive i nostri governanti sbandierano il vessillo del progresso e additano il guardare indietro come alle visioni di chi è fuori dal proprio tempo.

Dovrebbero rifletterci, invece. Dovrebbero riflettere che le parole “ricerca ed innovazione” hanno portato non solo benessere ma anche mezzi di distruzione come le armi sempre più sofisticate e letali, le centrali nucleari “sicure”, cibi privi di nutrimento e devastazioni ambientali di cui pagherà lo scotto non il pianeta ma l’uomo stesso che non ha la possibilità di rigenerarsi.

Se questa crisi globale è segno della morte di un dato modo di esprimere economia e socialità allora occorre pensare a qualcosa che sia all’opposto di ciò che ci ha portato sin qui, occorrono altri modelli. Ma per arrivare a tanto occorrono altri cervelli.