mercoledì 28 dicembre 2011

La “rovina”di Pompei


di Lucia Pugliese

Se qualcuno dicesse che la cultura non è qualcosa che si mangia, noi Italiani potremmo rispondere che non sempre è vero. Il Bel Paese trae molto del suo profitto dal turismo che attirano le città d’arte e le vestigia delle antiche civiltà che hanno abitato la nostra penisola.

Mantenere il nostro patrimonio culturale però, costa. E così negli ultimi anni i governi hanno mostrato di conoscere molto bene l’arte del risparmio sull’arte. Non che non si sia investito nulla, beninteso, ma quando lo si è fatto si è puntato quasi esclusivamente su operazioni di marketing fini a se stesse. È sicuramente lodevole promuovere a suon di fanfare iniziative legate alla cultura, magari togliendo la muffa a qualche scavo archeologico o organizzando mostre su pittori più o meno celebri. Non lo è quando sotto la patina pubblicitaria non c’è sostanza né valore: se quanto di importante abbiamo sotto il profilo artistico e archeologico viene abbandonato nell’incuria o peggio ancora danneggiato, sarebbe meglio fare un passo indietro. Possiamo attirare dieci turisti in più oggi, ma domani non avremo più nulla da mostrare loro. E allora, andranno altrove.

Se cemento, tagli ai finanziamenti e incuria hanno gravemente danneggiato Pompei, se le infiltrazioni di umidità hanno provocato ripetuti crolli alla Domus Aurea, oggi pare inquietante persino la caduta di un pezzettino di cornicione del Colosseo, che in altri tempi avrebbe al massimo suscitato qualche battuta. Quali sono le reali condizioni dei nostri monumenti, dei nostri scavi, di tutto il nostro patrimonio artistico? In quali casi si può, o almeno si poteva, fare qualcosa per evitare altri danni? Quali scelte sbagliate sono state prese, e di chi è la responsabilità? Cosa occorre fare per il futuro?

Credo che nessuno, fra le autorità, risponderebbe davvero a queste domande. Chissà come ci si sente ad essere Sandro Bondi, l’uomo che passerà alla storia per aver dato nuova linfa alla distruzione dell’antica Pompei. E pensare che l’eruzione del Vesuvio ce l’aveva conservata in ottimo stato dal 79 d.C.

Monti e soci pare abbiano deciso di non essere da meno, e di guadagnarsi a buon diritto un trafiletto nei futuri libri di scuola. Lo dimostra la nomina a Ministro dei Beni e delle attività culturali di Lorenzo Ornaghi, già rettore dell’università Cattolica del Sacro Cuore, e professore , udite udite, di Scienze Politiche. Nessuno mette in dubbio la cultura del signor Ornaghi, di sicuro superiore a quella di chi scrive, ma viene da chiedersi: come mai in un governo di tecnici, dove un ammiraglio si occupa della difesa e un avvocato penalista della giustizia, il patrimonio artistico è lasciato nelle mani di un semplice politicante, per quanto erudito? Non c’era nessuno più qualificato, magari un archeologo?

Forse al signor Monti i Beni Culturali non interessano. Sono solo un mucchio di sassi, rovine, quadri impolverati e statue mute. Forse al signor Monti non importa della nostra storia, e celebra queste festività ignorandone le origini risalenti all’antica Roma. Ma, mi chiedo, se da Ministro delle Finanze possa ignorare quanto l’Arte sia importante per la nostra economia.