di Daniele Pezzini
“Un crescente coro di osservatori teme che la disintegrazione dell’euro zona possa non essere lontana”. Con queste parole si apre l’articolo di Liz Alderman che, pubblicato ieri sul New York Times, ha messo in subbuglio il panorama economico europeo.
Nonostante la categorica smentita del Cancelliere tedesco Angela Merkel, che ha dichiarato che una tale ipotesi non si verificherà mai, pare infatti che alcune banche comincino a mettere in dubbio la solidità della moneta unica europea, in quanto “questa settimana la crisi del debito sovrano ha minacciato di intrappolare la stessa Germania”, il cui ruolo di “principale pilastro della stabilità dell’Europa” sarebbe ora in discussione.
Sulla scia dei declassamenti che le agenzie di rating continuano a rifilare ai paesi europei (tra cui chiaramente non poteva mancare l’Italia), diversi istituti di credito come Merril Lynch, Barclays Capital e Nomura hanno pubblicato decine di rapporti nei quali esaminano le possibilità di un breakup dell’area euro. Banche americane come Citigroup sono state spinte dalle autorità di regolamentazione nazionali a ridurre la propria esposizione in Europa. Nel Regno Unito la Royal Bank of Scotland sta mettendo a punto piani d’emergenza “nel caso che l’impensabile diventi realtà”.
Il colosso del turismo tedesco TUI ha recentemente spedito delle lettere alle catene alberghiere greche per chiedere di rinegoziare i contratti in dracme, con l’obiettivo di tutelarsi da un’eventuale uscita della Grecia dall’euro.
Solo qui in Italia va sempre tutto a gonfie vele. I nostri banchieri, al pari di quelli francesi, non starebbero infatti preparando alcun piano B, per la semplice ragione che ritengono impossibile la fine della moneta unica europea.
In particolare la Alderman evidenzia la situazione di Intesa Sanpaolo che “quando ha valutato differenti situazioni in preparazione per il suo piano strategico 2011-2013, nessuna era basata sul possibile crollo dell’euro”. <> ha dichiarato il Presidente del Consiglio di Gestione della banca Andrea Beltratti. Ora dunque, per quanto ancora remota, l’ipotesi di uno smantellamento dell’euro zona non parrebbe più così irrealizzabile, ma ancora una volta il nostro paese potrebbe non arrivarci preparato.
“Un crescente coro di osservatori teme che la disintegrazione dell’euro zona possa non essere lontana”. Con queste parole si apre l’articolo di Liz Alderman che, pubblicato ieri sul New York Times, ha messo in subbuglio il panorama economico europeo.
Nonostante la categorica smentita del Cancelliere tedesco Angela Merkel, che ha dichiarato che una tale ipotesi non si verificherà mai, pare infatti che alcune banche comincino a mettere in dubbio la solidità della moneta unica europea, in quanto “questa settimana la crisi del debito sovrano ha minacciato di intrappolare la stessa Germania”, il cui ruolo di “principale pilastro della stabilità dell’Europa” sarebbe ora in discussione.
Sulla scia dei declassamenti che le agenzie di rating continuano a rifilare ai paesi europei (tra cui chiaramente non poteva mancare l’Italia), diversi istituti di credito come Merril Lynch, Barclays Capital e Nomura hanno pubblicato decine di rapporti nei quali esaminano le possibilità di un breakup dell’area euro. Banche americane come Citigroup sono state spinte dalle autorità di regolamentazione nazionali a ridurre la propria esposizione in Europa. Nel Regno Unito la Royal Bank of Scotland sta mettendo a punto piani d’emergenza “nel caso che l’impensabile diventi realtà”.
Il colosso del turismo tedesco TUI ha recentemente spedito delle lettere alle catene alberghiere greche per chiedere di rinegoziare i contratti in dracme, con l’obiettivo di tutelarsi da un’eventuale uscita della Grecia dall’euro.
Solo qui in Italia va sempre tutto a gonfie vele. I nostri banchieri, al pari di quelli francesi, non starebbero infatti preparando alcun piano B, per la semplice ragione che ritengono impossibile la fine della moneta unica europea.
In particolare la Alderman evidenzia la situazione di Intesa Sanpaolo che “quando ha valutato differenti situazioni in preparazione per il suo piano strategico 2011-2013, nessuna era basata sul possibile crollo dell’euro”. <