martedì 15 novembre 2011

Cina: il solare low-cost irrita gli Usa.


di
Leonardo Iacobucci

asinichevolano.altervista.org

Stando agli americani (alcuni) i moduli fotovoltaici di Pechino verrebbero venduti negli Usa a prezzi più bassi (tra il 50 e il 25% in meno) di quelli di produzione grazie agli aiuti del governo cinese. Della stessa opinione pare essere il presidente Obama che in una recente intervista ha parlato di “discutibili pratiche competitive” adottate dalla Cina in materia di fonti energetiche pulite.

La Coalition for American Solar Manufacturing (CASM), cioè la coalizione di produttori fotovoltaici americana guidata da Solarworld, ha già fatto un primo passo verso la “guerra del solare”, ottenendo che il Dipartimento del Commercio Usa avviasse un’indagine formale sulle importazioni di moduli e celle fotovoltaici cinesi oltreoceano, fortemente agevolate da sovvenzioni illecite da parte di Pechino.

In base al diritto del commercio internazionale, nell’ambito dei paesi appartenenti alla OMC, la soluzione che si prospetta per gli USA è quella di un’introduzione di dazi all’import cinese, che come richiesto dalle società americane che aderiscono alla CASM dovrebbero essere applicati con effetto retroattivo di tre mesi. E’ previsto che l'International Trade Commission (ITC), che porterà avanti l’inchiesta, presenti le sue conclusioni già nel mese di dicembre, il che significa che i dazi sui prodotti fotovoltaici cinesi potrebbero essere introdotti già a partire dall’inizio del prossimo anno e applicati retroattivamente a partire dal 14 ottobre.

La notizia era già stata anticipata sia dal New York Times che dal Financial Times, i quali riportavano l’accusa, da parte della Cina, di fare di questa questione una lamentela commerciale, o meglio “una farsa politica”, utile per la campagna elettorale 2012. La politica legata alle rinnovabili è effettivamente un tema caldo a Washington. Oltre a Solyndra, assurta a vero e proprio caso politico dopo la goffa esposizione di Obama, ben altre due aziende americane specializzate in pannelli solari sono finite in bancarotta nel corso di questa estate.

Con le nostre fabbriche europee e americane – spiega E. Frank Asbeck, Presidente del Consiglio di Amministrazione della SolarWorld AG – riusciamo a reggere la competizione internazionale, ma qui ci troviamo di fronte a una concorrenza sleale, alla quale dobbiamo opporre resistenza”. La coalizione solare ha denunciato, inoltre, numerosi casi documentati di violazione degli standard, ambientali, sociali e di qualità che si scontrano invece contro le regole più ferree esistenti per i siti di produzione negli Stati Uniti e in Europa.

Ma sulla richiesta di tassare le importazioni cinesi il mondo del fotovoltaico americano si è spaccato. Lo testimonia l’annuncio di ieri della nascita di una nuova associazione commerciale denominata “Coalition for Affordable Solar Energy” in opposizione alla CASM. Le società che ne fanno parte bollano la campagna lanciata da quest’ultima contro le società cinesi come “protezionistica” e si dissociano sostenendo che riguarda solo una minoranza della compagnie solari Usa.

C’è da dire che , se gli Stati Uniti piangono, l'Europa non ride, certo. Anche il Vecchio Continente è terreno di conquista dei cinesi, che hanno in mano, addirittura, l'82% del mercato europeo fotovoltaico.

Ad ogni modo non si è fatta attendere, come suddetto, la replica di Pechino che attraverso il portavoce del ministero del Commercio, Shen Danyang, ha avvertito che la questione potrebbe compromettere la cooperazione sulle questioni energetiche. “Il governo è molto preoccupato per questo caso”, ha dichiarato Shen, aggiungendo che la Cina si riserva il diritto di adottare misure corrispondenti nel quadro dell’Organizzazione Mondiale del Commercio. “Il governo statunitense adotta delle misure restrittive per i prodotti cinesi atti alla produzione di energia pulita; l’azione danneggia non solo l’atmosfera di cooperazione tra i due paesi nell’ambito delle nuove risorse, bensì gli interessi americani in tale settore”.