mercoledì 7 dicembre 2011

Richiesto ridimensionamento numero Consiglieri Provinciali


di Roberto Carroll

La scure di Monti che si abbatte sulle Province chiedendo un ridimensionamento del numero dei Consiglieri Provinciali non ha reso molto felici i suddetti.


La prima confutazione che gli amministratori fanno riguarda il lecito dubbio sulla costituzionalità dell’intervento. Il primo dubbio nasce col profilo formale del decreto legge perché la modifica apportata richiede una revisione costituzionale ex art. 138 e non un semplice decreto da approvare sotto la pressione dei mercati; ma è anche vero che il sistema del decreto legge è finito per essere una prassi consolidata di legiferazione come i rappresentanti dei partiti dovrebbero ben sapere e sopratutti quelli fedeli a berlusconi.

Altra perplessità giuridica è che contestualmente all’abolizione delle Giunte Provinciali, (che sono un organo esecutivo), è che la nomina dei Consigli Provinciali, (che sono un organo legislativo), si svolga attraverso i Consigli Comunali. Sulla base di queste elettività i Consiglieri Provinciali su una base di rappresentanza indiretta, nominerebbero il Presidente della Provincia il quale a quel punto sarebbe una rappresentanza di terzo grado. In poche parole sarebbe svuotata la funzione di rappresentanza politica dell’Ente Provincia per divenire un mero coordinamento tecnico di funzioni spettanti ai Comuni e Regioni.

Su questa linea di pensiero di pensiero si muove anche il Presidente della Provincia di Bergamo Ettore Pirovano, (quello del doppio incarico ma ha promesso che lascia Roma per Bergamo e comunque non ha mai percepito soldi…Gli possiamo anche credere, magari l’emolumento è stato devoluto direttamente al Partito) che dichiara dal sito Provinciale: “ "A parte che in questa direzione si era già mosso il Governo berlusconi, abbassando il numero degli assessori a 4 e quello dei consiglieri a 14. Il problema, nel caso specifico, è l'impostazione: Monti ha in mente una giunta fatta a modello del suo governo, cioè composta da soli tecnici. Ma dimentica che i veri costi della politica non sono determinati dagli eletti, ma dai dipendenti pubblici. Come verranno gestiti, a livello nazionale, 200mila esuberi”. La risposta sembra scontata: assorbiti da Comuni e Regioni, come in parte ha già fatto la stessa Provincia di Bergamo in un campo del Servizio Sociale.

Caffè o non caffè, che comunque di questi tempi sta diventando un lusso per molte persone, forse Monti non ha del tutto torto nell’individuare nelle Provincie essenzialmente un punto di raccordo tra Regione e Comuni e di conseguenza svuotarle del contento politico in favore di una gestione meramente tecnica. Le Province ricevono emolumenti che sono distribuiti per la formazione, per l’edilizia scolastica, per la manutenzione delle strade ed altre utilità pubbliche ma al contempo nel devolvere denaro alle varie associazioni territoriali prestano il fianco ad operazioni di convenienza od amicizia politica che possono andare oltre le questioni di merito, inoltre proprio la discontinuità politica da una amministrazione all’altra comporta, nella maggioranza delle volte, ritardi ed aumenti di spesa. Poi, tramite le partecipate, troviamo amministratori che si lanciano in operazioni di compravendita azionaria con risultati non sempre soddisfacenti. Se ne può concludere che in questa parte di amministrazione pubblica dal ruolo, ricordiamolo, intermedio, un personale direttivo /gestionale più “tecnico” e meno politico sia un percorso da sperimentare per rinnovare questo nostro Stato alla deriva. Sempre che i cittadini alla fine sappiano scegliere in qualità e non per opportunità politica.