di Ketty Iannantuono
Il bel Paese ha decisamente un debole per i motori. I suoi politici ne hanno fatto, nel tempo, un emblema di distinzione, tanto che, oggi, l’autoblù è uno dei primi segnali di riconoscimento dell’appartenenza alla Casta.
Ovviamente, dal momento che la Casta è gerarchizzata, anche la regal vettura ha subito un processo di classificazione: in Italia ci sono autoblùblù – automobili di rappresentanza politico-istituzionale che hanno l’ambito compito di trasportare i deretani di “autorità e alte cariche dello Stato e delle amministrazioni locali”, auto una sola vota blù – a disposizione dei “dirigenti apicali” (definizione quanto meno ambigua che porta ad un’inevitabile domanda: ma all’apice de che?), e infine vi sono le auto grigie ma comunque blù –senza autista, a disposizione degli uffici per attività strettamente operative.
Nel 2011 un’ indagine condotta da Formez, incaricata dall’ex Ministro Brunetta, ha stimato che, nel nostro Paese, le auto blu risultano essere circa 72mila. Gli addetti sono 35mila (di cui 14 mila sono autisti). La spesa per il personale ammonta a 1,2 miliardi di euro all’anno; quella di gestione a 350milioni di euro che, sommando gli ammortamenti e i costi di stazionamento e logistica, diventano 650milioni di euro annui. Sono escluse da questa rilevazione sia le circa 50mila autovetture usate per scopi di sicurezza e difesa personale e nazionale, sia le 16mila auto della polizia municipale e provinciale (la polizia municipale ha a disposizione poco più di un quinto del parco auto della politica!).
Quella dell’autoblù è un’immagine forte dei privilegi riservati alla politica, una goccia nel mare ma una goccia molto visibile.
Già il 3 agosto scorso un decreto definiva nuove regole per l'utilizzo di vetture di Stato ma escludeva Regioni ed enti locali, lasciandoli così liberi di agire in deroga alle nuove regole. Tale decreto limitava alle massime cariche dello Stato l’uso delle auto di rappresentanza, con o senza blindatura, e conteneva a 1.600 cc la cilindrata per tutte le altre vetture di Stato e di servizio. Il nuovo governo dovrà decidere, in due mesi, se estendere la stessa normativa anche a Regioni ed enti locali. Il Tar del Lazio, accogliendo il ricorso del Codacons, ha infatti spiegato che "la limitazione all'uso delle auto blu - segnatamente per quanto concerne Regioni ed Enti Locali - non solo non trova fondamento nella norma primaria in pretesa attuazione della quale il Decreto presidenziale è stato emanato, ma neppure rivela profili di ragionevolezza e logicità con immediatezza apprezzabili, atteso il considerevole onere riveniente per le finanze pubbliche dall'utilizzo di mezzi di servizio proprio con riferimento a tali soggetti". In tale occasione, potrebbe anche accadere che si decida di perfezionare o limitare ulteriormente l'utilizzo di vetture di servizio per il mondo della politica e della pubblica amministrazione.
Il governo Monti è composto da persone con delle “facce normali”, diceva Concita De Gregorio ieri sera intervistata da Fazio, “non sono tumefatti”. Senz’altro questo esecutivo –per quanto discutibile sotto diversi punti di vista- saprà dare un segno di discontinuità rispetto al regnum Berlusconis: un taglio netto all’opulenza truffaldina della politica, un ritorno alla sobrietà. Di sicuro non vi sarà un altro Ministro della Difesa che, nottetempo, procederà all’acquisto di una ventina di marzialissime Maserati Quattroporte blindate (a 117mila euro l’una –escluso il costo della blindatura).
Non mi stupisce particolarmente, quindi, veder scendere il neo Presidente-professore da un’italianissima Lancia Thesis, anzicchè da un’Audi A8, e i suoi collaboratori da delle vecchiotte e misurate Alfa Romeo 166. Monti riporta fuori dal garage Fiat Croma della prima serie, Alfa Romeo 166 e, addirittura, Lancia K e Dedra.
Torna, quindi, il "blu Lancia”, il colore delle auto di stato italiane degli anni ‘50 e ‘60. Il cosiddetto “blu ministeriale” delle Lancia Aurelia, Appia e soprattutto Flaminia, delle Fiat 124 e 125 o dell'Alfetta degli anni ‘70.
Torna soprattutto un po’ di serietà.