venerdì 25 novembre 2011

L’invent-Iva di Monti


di Leonardo Iacobucci asinichevolano.altervista.org
Una delle idee più gettonate per risanare la situazione italiana è senza dubbio quella che prevede l’innalzamento dell’aliquota dell’Iva di altri due punti percentuali: sembra quasi incredibile, ma a poca distanza di tempo dal raggiungimento della quota del 21%, già si parla di un 23% che andrà a gravare su tutti i contribuenti coinvolti in questo caso. Secondo i primi calcoli, una operazione di questo tipo potrebbe anche provocare un rincaro per le famiglie italiane, con un totale compreso tra i 97 e i 483 euro annui. Non è molto difficile, comunque, capire cosa significhi un incremento per quel che concerne l’Iva anche di un solo punto percentuale, visto che quest’ultimo equivale a circa quattro miliardi di euro, una somma non certo indifferente.


Tra l’altro, bisogna anche comprendere i reali e possibili effetti dell’aumento delle tasse.

“Ribadiamo la nostra totale contrarietà all’ipotesi di un aumento dell’Iva, una misura che comporterà inevitabili effetti depressivi sui consumi in quanto l’incremento dei prezzi che da essa deriverebbe ridurrà non solo i redditi ma anche lo stock di risparmi accumulato dalle famiglie”. E’ quanto osserva in una nota l’Ufficio Studi di Confcommercio-Imprese per l’Italia.

Del resto già all'aumento di 1 punto percentuale dell'Iva non corrispose l'aumento di 1 punto percentuale del prezzo delle merci che invece arrivò a settembre anche a un 7% in più. E considerato il fatto che l’Iva è un’imposta regressiva (incide maggiormente sulle famiglie povere, su quei soggetti che consumano tutto il reddito nell’acquisto di beni e servizi) gli effetti non sono secondari: secondo uno studio del Cer fra le famiglie povere e quelle ricche il gap della maggiore incidenza dell’Iva arriva infatti al 60 per cento.

La Federcontribuenti fa sapere:“Queste misure, senza aver prima garantito, per legge, un tetto oltre il quale non si possono aumentare i prezzi al pubblico e un tetto sulle imposte, ricadranno sulle famiglie. I prezzi schizzeranno alle stelle giustificando una nuova ondata di speculazione. Alimentari, vestiario, banche, posta, e le Rca, già inavvicinabili in molte regioni di Italia, aumenteranno il loro tariffario. È dovere del governo calcolare preventivamente quali effetti una legge potrà avere sui suoi cittadini.”

Infatti al paventato rischio inflazione si potrebbe aggiungere l’effetto devastante degli arrotondamenti selvaggi, ovviamente verso l’alto, cui molti negozianti potrebbero essere tentati cogliendo al volo l’aumento dell’Iva, così come accaduto con l’introduzione della moneta unica. Su questo il Codacons, altra autorevole sigla dei consumatori, chiede una vera e propria caccia al furbo invocando controlli a tappeto e senza alcuna pietà da parte delle Fiamme Gialle.

Per questi motivi il Codacons è contrario ad un ulteriore aumento dell'Iva, che il nuovo governo Monti sembrerebbe intenzionato a fare. L'Associazione prende le difese di un terzo delle famiglie italiane che, stando agli ultimi dati Istat, non può sostenere una spesa che vada oltre gli 800 euro nè può permettersi una settimana di ferie. Un aumento dell'Iva dal 21 al 23% significa una stangata di 352 euro in un anno (calcolando solo gli effetti diretti) per la famiglia media Istat da 2,5 componenti, quindi di 418 euro per una famiglia di 3 persone. Senza calcolare i vari arrotondamenti dei prezzi che si presume ci siano, visto che tra settembre ed ottobre ci son già stati. In assenza di speculazioni, l'impatto sull'inflazione sarebbe - secondo il Codacons - dello 0,78%, che sommandosi all'aumento dello 0,64% già verificatosi per via del precedente rialzo dell'Iva, determinerebbe un impatto complessivo sui prezzi dell' 1,42%. L'invito del Codacons a Monti è quello di fare qualcosa di diverso e nuovo rispetto a quanto già fatto dal suo predecessore, partendo dalla patrimoniale, indispensabile per una seria lotta all'evasione fiscale.