martedì 8 novembre 2011

Euro: la moneta strana per chi ha la memoria corta


di Leonardo Iacobucci
asinichevolano.altervista.org


Per una nazione instabile come la nostra, la moneta unica è stata l’ancora di salvezza in ben più di un’occasione. Basti pensare al possibile impatto sull’economia italiana dell’ultima crisi finanziaria globale se fosse stata ancora presente la lira. Eppure, in troppi hanno (volutamente) la memoria corta.


Le parole di Jürgen Stark durante le trattative per l’entrata dell’Italia nell’euro non furono piacevoli. Le ha ricordate Carlo Azeglio Ciampi due mesi fa, proprio quando i titoli di Stato italiani stavano vivendo uno dei momenti di maggior pressione e il capo economista della Banca centrale europea si stava dimettendo. I ridolini del presidente francese Nicolas Sarkozy e del cancelliere tedesco Angela Merkel​ sono nulla in confronto alle onte che ha dovuto sopportare Roma nel recente passato.

Negli ultimi dieci anni l’economia italiana ha inevitabilmente avuto più vantaggi che svantaggi dell’euro. In virtù della perdita della sovranità monetaria, Roma ha guadagnato in termini di credibilità. Non solo. Fra i benefici dell’euro possiamo trovare anche la riduzione dei costi di transazione, elemento che ha facilitato gli scambi all’interno dell’eurozona, e l’abolizione del rischio di cambio. Il commercio estero dell’Italia, in virtù della moneta unica, ha avuto un boom fra il 2005 e il 2008, come ricorda l’Istat. E considerando solo le esportazioni, il periodo compreso fra il 2001 e il 2007, ricorda sempre l’Istat, è stato uno dei migliori degli ultimi decenni. Di nuovo, tutto grazie all’euro.
Non è un discorso che vale solo per l’Italia. L'euro porta vantaggi per 30 miliardi l'anno all'economia tedesca. E' quanto riferisce il quotidiano Handelsblatt che ha intervistato il capo economista della Kreditanstalt fur Wiederaufbau, Norbert Irsch. ''Negli ultimi due anni l'appartenenza all'Unione Monetaria ha portato all'economia tedesca 50-60 miliardi di euro'' ha spiegato, rilevando che anche tenendo conto dei costi per il salvataggio degli stati membri piu' indebitati ''l'euro consente di tutelare valore, non solo per la Germania, ma per tutti gli stati membri''.

La moneta unica ha inoltre protetto l’Italia dagli shock negativi, esogeni ed endogeni. Se pensiamo agli ultimi quarant’anni, possiamo ricordare in che modo i maggiori eventi macroeconomici hanno impattato sul nostro Paese, dallo shock petrolifero degli anni Settanta alla crisi delle piazze finanziarie americane nel finale degli anni Ottanta. Con un assetto comune, in cui tutti aiutano tutti, l’Italia è stata protetta proprio da uno dei suoi mali maggiori, l’instabilità politica. La riduzione dei tassi d’interesse che si è registrata con l’introduzione dell’euro ha migliorato l’appeal italiano nei confronti degli investitori internazionali più di quanto avrebbe mai fatto la lira. Basti pensare a cosa sarebbe successo negli ultimi quattro anni se fosse ancora in vita la divisa italiana. Fronteggiare la peggiore crisi finanziaria dalla Seconda guerra mondiale con una valuta debole come la lira sarebbe stato un suicidio. I tassi d’interesse e i tassi di cambio sarebbero esplosi, l’economia italiana avrebbe dovuto svalutare diverse volte la propria moneta per far fronte alla tempesta in corso e sarebbe esplosa l’inflazione.

Come ha ricordato in un paper del 2006 il capo economista del Fondo monetario internazionale Olivier Blanchard​, alcune tipologie di crisi sono ricorrenti. L’entrata dell’Italia, un Paese che non aveva una credibilità antinflazionistica, nell’euro gli ha permesso di avvantaggiarsi di una riduzione dei tassi d’interesse.
L’euro ha portato stabilità dove c’era caos. Ma, come tutti i progetti, aveva delle lacune, ancora irrisolte. Forte per i Paesi forti, debole per i Paesi deboli, la moneta unica europea ha inevitabilmente fallito il proprio compito di riequilibrarsi in corsa. In questi dieci anni di euro, le possibilità di risanamento dei conti pubblici delle nazioni più in difficoltà si sono dissolte, anche complice la poca forza sistemica della struttura di governance economica europea. Ma quello non è un problema dell’euro, bensì dei suoi padri. Attaccare l’euro non solo è populista, ma ipocrita. Specie se si è italiani.