di Raffaella Alladio
Mentre il nuovo capo del governo tecnico viaggia per l'Europa alla ricerca di soluzioni alla crisi in atto, il Parlamento, nella legittimità della sua veste di organo legiferante, continua il proprio lavoro fondamentale ma sempre più in ombra. Nella fattispecie il 24 novembre il Senato della Repubblica Italiana ha approvato all'unanimità l'abolizione del sistema di assegni vitalizi per i senatori stessi, ovvero l'abolizione di tutta una serie di agevolazioni contributive piuttosto che pensionistiche o quant'altro a vantaggio della categoria parlamentare. Onde evitare, però, che l'amara percezione popolare, almeno di quella parte di popolo che ama l'onestà, fosse in qualche modo intaccata, i senatori hanno stabilito che l'abolizione verrà ad essere resa operativa soltanto nella prossima legislatura, con esclusione quindi dei votanti e degli ex senatori. La mediocrità di questi politici, per essere buonisti, non vacilla quindi minimamente sotto i colpi del lavoro svolto apportando, per voce del questore del Senato Benedetto Agragna, una motivazione precisa: non si poteva fare altrimenti, ovvero applicare l'abolizione alla legislatura corrente e a quelle passate, perchè "si sarebbero lesi diritti acquisiti". E se questi diritti, e già definirli tali fa accapponare la pelle a qualunque giurista con etica, sono evidentemente distorti, sempre per essere buonisti, o schifosi, per esserlo un po' meno, o semplicemente sbagliati, ingiusti, ingiustificabili e classisti, questo non sembra avere la minima rilevanza.
Per onor di cronaca la stessa procedura era stata seguita il 21 luglio alla Camera dei Deputati con esito identico.
Bisogna riconoscere al nostro Parlamento una certa compattezza di vedute almeno su determinate questioni.
L'Italia è una Repubblica Parlamentare. Ciò che quotidianamente si esplicita all'interno delle due Camere del Parlamento dovrebbe quindi essere sotto gli occhi di tutti; perchè tutti, ovvero i cittadini, sono i veri detentori del potere di uno Stato, se vogliamo ancora credere nella democrazia, e quindi in prima battuta "giudici" del lavoro compiuto nelle stanze del governo. Poi, solo poi, soggetti alle regole nelle stesse stabilite.
Ormai invece la distanza tra la base e i vertici di una piramide che si è costruita nel tempo sotto i nostri occhi disattenti, pare incolmabile. Mondi differenti, differentemente gestiti da un manipolo di persone che si cambiano i ruoli ma mantengono sigillata la combriccola.
Il fatto che l'apparenza di un fatto come quello del Senato del 24 novembre sia positiva ad una lettura superficiale, ovvero quella perpetrata dalla maggioranza dei lettori dell'informazione, rende un tale atto ancora più grave perchè appesantito dalla consapevolezza di chi lo ha compiuto.
Inoltre il risvolto economico, se mai ci sarà, avrà una ricaduta positiva sulle casse dello Stato tra vent'anni o più.
Quindi?
L'unica frase che mi viene ancora in mente è una frase di Anna Politkovskaja:"...una politica che umilia e distrugge prospera solo se alimentata dal menefreghismo".