di Giulio Pica
La democrazia è un sistema che consente l'alternanza delle èlites al potere senza spargimenti di sangue e lotte fratricide; lo Stato di diritto è un tipo di ordinamento che imbriglia l'esercizio del potere nelle maglie di regole che lo precedono impedendo che esso degeneri in tirannia.
Se un presidente del consiglio invoca per sé l'impunità, ritenendo di essere legibus solutus sulla base di una presunta investitura popolare, incontra sul suo cammino una pronuncia della Corte Costituzionale che gli ricorda che i primi 12 articoli della Costituzione - e nello specifico caso l'art. 3 - sono così importanti da non poter essere modificati neanche con una legge costituzionale per assecondare le velleità del premier di turno.
Lo Stato di diritto è come un campo di gioco delimitato da una staccionata al di fuori della quale a nessuno è consentito sconfinare, e ciò non a favore di un giocatore, ma a tutela dei diritti di tutti i giocatori. Durante gli ultimi 17 anni, contrassegnati dai vari governi Berlusconi, ci è toccato assistere ad innumerevoli episodi di sconfinamento al di là della staccionata. Lodo Schifani, lodo Alfano, legge Cirami, ex-Cirielli, processo breve, processo lungo, prescrizione breve, depenalizzazione del falso in bilancio, ed ogni altro obbrobrio giuridico nel tentativo maldestro di sottrarre un solo individuo all'applicazione della legge.
L'Italia è stata ridotta ad un territorio per le scorribande di Berlusconi e degli innumerevoli furbastri che alla sua corte hanno prosperato. Azzeccagarbugli di provincia catapultati, in men che non si dica, al ruolo di ministri e sottosegretari, veline e soubrette incompetenti e prive d'esperienza hanno ricoperto cariche pubbliche a vari livelli, l'incompetenza e l'arroganza hanno costituito la cifra della prassi di governo degli ultimi anni. Se non fossimo stati tutelati da una delle migliori Costituzioni del mondo e dal sistema di garanzie e di contrappesi che essa contiene, la libertà di stampa sarebbe stata ancor più soffocata, i giornalisti arrestati, i
magistrati perseguitati, gli studenti malmenati, i dissidenti azzittiti.
Se non fosse esistita una magistratura autonoma ed indipendente, avremmo assistito ad un'amministrazione della giustizia etero - diretta dall'esecutivo e, quindi, inflessibile con i poveracci ed indulgente con manager e politici. Non potendo scassare completamente la democrazia, questi signori hanno fatto ricorso al manganello mediatico, cercando di distruggere la reputazione di chiunque avesse osato criticarli: da Boffo a Fini, fino alla Marcegaglia. Ora, finalmente, tutto questo apparato di potere inizia lentamente, ma inesorabilmente, a crollare lasciandoci un cumulo di detriti la cui
rimozione richiederà l'impegno comune di tutti.
La democrazia è un sistema che consente l'alternanza delle èlites al potere senza spargimenti di sangue e lotte fratricide; lo Stato di diritto è un tipo di ordinamento che imbriglia l'esercizio del potere nelle maglie di regole che lo precedono impedendo che esso degeneri in tirannia.
Se un presidente del consiglio invoca per sé l'impunità, ritenendo di essere legibus solutus sulla base di una presunta investitura popolare, incontra sul suo cammino una pronuncia della Corte Costituzionale che gli ricorda che i primi 12 articoli della Costituzione - e nello specifico caso l'art. 3 - sono così importanti da non poter essere modificati neanche con una legge costituzionale per assecondare le velleità del premier di turno.
Lo Stato di diritto è come un campo di gioco delimitato da una staccionata al di fuori della quale a nessuno è consentito sconfinare, e ciò non a favore di un giocatore, ma a tutela dei diritti di tutti i giocatori. Durante gli ultimi 17 anni, contrassegnati dai vari governi Berlusconi, ci è toccato assistere ad innumerevoli episodi di sconfinamento al di là della staccionata. Lodo Schifani, lodo Alfano, legge Cirami, ex-Cirielli, processo breve, processo lungo, prescrizione breve, depenalizzazione del falso in bilancio, ed ogni altro obbrobrio giuridico nel tentativo maldestro di sottrarre un solo individuo all'applicazione della legge.
L'Italia è stata ridotta ad un territorio per le scorribande di Berlusconi e degli innumerevoli furbastri che alla sua corte hanno prosperato. Azzeccagarbugli di provincia catapultati, in men che non si dica, al ruolo di ministri e sottosegretari, veline e soubrette incompetenti e prive d'esperienza hanno ricoperto cariche pubbliche a vari livelli, l'incompetenza e l'arroganza hanno costituito la cifra della prassi di governo degli ultimi anni. Se non fossimo stati tutelati da una delle migliori Costituzioni del mondo e dal sistema di garanzie e di contrappesi che essa contiene, la libertà di stampa sarebbe stata ancor più soffocata, i giornalisti arrestati, i
magistrati perseguitati, gli studenti malmenati, i dissidenti azzittiti.
Se non fosse esistita una magistratura autonoma ed indipendente, avremmo assistito ad un'amministrazione della giustizia etero - diretta dall'esecutivo e, quindi, inflessibile con i poveracci ed indulgente con manager e politici. Non potendo scassare completamente la democrazia, questi signori hanno fatto ricorso al manganello mediatico, cercando di distruggere la reputazione di chiunque avesse osato criticarli: da Boffo a Fini, fino alla Marcegaglia. Ora, finalmente, tutto questo apparato di potere inizia lentamente, ma inesorabilmente, a crollare lasciandoci un cumulo di detriti la cui
rimozione richiederà l'impegno comune di tutti.