lunedì 16 gennaio 2012

Quando la crisi uccide le aziende, e non solo.


di Leonardo Iacobucci
asinichevolano.altervista.org


Nei primi nove mesi del 2011 in Italia si sono registrati 8.566 fallimenti, con un aumento dell'8,7% rispetto al periodo gennaio-settembre 2010, quando erano state 7.879 imprese ad aver portato i libri in tribunale, e del 35,5% rispetto allo stesso periodo 2009, quando i casi registrati erano stati 6.323.


È quanto emerge dall'Analisi dei fallimenti in Italia realizzata da Cribis D&B, la società del gruppo Crif specializzata nella business information. Un quarto dei fallimenti in Italia riguarda imprese della Lombardia, dove del resto è concentrata una grossa fetta delle imprese italiane: più precisamente sono 1.872 le procedure concorsuali da gennaio a settembre 2011 in questa regione. Seguono, con meno della metà di fallimenti, Lazio e Veneto rispettivamente con 848 e 812 casi. Più distanti Campania (762), Emilia Romagna (697), Piemonte (635), Toscana (632) e Sicilia (455).

Non solo. L’usura costringe alla chiusura 50 aziende al giorno e ha bruciato in un anno circa 130mila posti di lavoro. E’ uno dei dati contenuti nel XIII rapporto di Sos Impresa, presentato qualche giorno fa presso la sede romana di Confesercenti.

Il fenomeno, “alimentato dalla crisi economica” – si legge nel rapporto – assume dimensioni sempre più preoccupanti: i commercianti vittime sono 200mila ma le posizioni debitorie sono almeno il triplo, e il numero degli strozzini è lievitato da 25mila a oltre 40mila.

Sono 190mila le imprese che negli ultimi tre anni hanno chiuso i battenti per debiti o usura: l’indebitamento medio delle imprese ha raggiunto i 180mila euro, quasi raddoppiato nell’ultimo decennio.
“Siamo in crisi molto avanzata, il governo non sta creando condizioni di sviluppo. Siamo stretti sia a livello burocratico che creditizio. Quest’anno abbiamo perso il 30% del lavoro, così come accaduto nel 2010. Su 20mila imprese, sia familiari che di capitale, il 90% è in crisi”.

“Sono aumentati i crediti e dalle istituzioni i soldi arrivano alle imprese anche a distanza di 18-24 mesi. E il panico da crisi ha portato tanti imprenditori a suicidarsi: lo scorso anno ci sono stati 20-25 casi. Per dare un sostegno psicologico abbiamo quindi pensato di rivolgerci allo psichiatra Vittorino Andreoli”.

E’ uno stralcio di un’intervista rilasciata dal presidente dell’Ance Andrea Marani ad affaritaliani.it . Torna l’incubo suicidi nel Nord Est. Il mese scorso 2 suicidi nel giro di 24 ore: a Padova un imprenditore edile si è suicidato sparandosi in testa. All’origine del gesto la pesante situazione debitoria della sua azienda. Giovanni Schiavon era titolare della Eurostrade 90 Snc, azienda di Peraga di Vigonza. Prima di puntarsi la pistola alla testa avrebbe scritto un breve biglietto di spiegazioni alla famiglia che si conclude con la frase: “Scusate, non ce la faccio più”. E l’altro caso a Spresiano, in provincia di Treviso, lungo la linea ferroviaria Venezia-Conegliano, un’imprenditrice di 43 anni si è tolta la vita gettandosi sotto un treno dopo aver portato i figli a scuola. Si chiamava Giusy Samogin, aveva un’attività di ristorazione ma era strozzata dai debiti. In una lettera lasciata ai suoi familiari ha spiegato il motivo del suo gesto. “Dimenticatemi, dite che sono andata via”: con queste parole ha detto addio ai parenti e agli amici.

Oltre al sostegno psicologico l’Ance fornisce anche supporto operativo. “Noi seguiamo gli imprenditori per esempio quando si devono presentare alle banche” , conclude Marani.