martedì 17 gennaio 2012

L'Europa di Van Rompuy


di Raffaella Alladio


La comunanza d'intenti tra Mario Monti e Herman Achille Van Rompuy è fatto acquisito. Meno evidente, forse perchè inesistente, la stessa comunanza tra il primo ministro italiano e il presidente europeo con i rispettivi cittadini, che dei loro intenti subiscono le conseguenze.


Come dice Nigel Farage, europarlamentare inglese, il presidente di cinquecento milioni di persone guadagna più d Obama ed ha il carisma di uno straccio umido. Lasciando da parte il carisma, Van Rompuy è indiscutibilmente una persona molto preparata e molto pericolosa.


Nato il 31 ottobre 1947, laureato in economia e filosofia, entra in politica sotto il segno del cattolicesimo nel partito dei Cristiani Democratici e Fiamminghi; prima dell'incarico europeo è stato primo ministro in Belgio in un momento dove i problemi legati all'aumento del debito pubblico accumulato erano già in primo piano.

Sostenitore di una "gestione globale del nostro pianeta" la sua ambizione sembra più quella di gestire la totalità che non di farne parte.


La costituzione di una governance globale è necessaria, a detta di molti, per "liberare" dall'anarchia internazionale i singoli stati ed accomunarli sotto uno stesso profilo finanziario e politico. Le palesi differenze culturali e sociali che tanti problemi hanno evidenziato all'interno dell'Unione Europea, non sembrano intaccare minimamente la convinzione degli uomini come Van Rompuy la cui ossessione sembra rivolta all'esclusiva acquisizione del più ampio potere finanziario sul territorio più esteso. Un colonialismo monetario che ha avuto il suo momento di grazia con la nascita dell'euro zona e poi con la nascita del Fondo europeo per la stabilità finanziaria; nascita risalente al maggio 2010 sotto la presidenza e la volontà di Van Rompuy.


Il Fondo europeo ha come finalità l'elargizione di prestiti ai paesi dell'unione in difficoltà affinchè questi possano riacquistare una stabilità finanziaria. Il prezzo che viene pagato è semplicemente una dipendenza dal Fondo europeo, ovvero la perdita della libertà democratica nazionale. Esattamente come accade ad ogni "lodevole" intervento del Fondo Monetario Internazionale su scala mondiale.


Altra istituzione frutto diretto della mente di Van Rompuy è il vertice Euro, un organismo che raggruppa i paesi dell'area euro con lo scopo di garantire una "coerenza nelle attività" della zona. Questa coerenza profuma ancora e sempre di omologazione sotto il segno del denaro: una gerarchia politica con un unico gestore al vertice, un profilo comune di attività economiche e infine una coerenza nelle scelte di governo.


Poco più di un mese fa il presidente belga si è addirittura pronunciato favorevolmente sulla possibilità di sospendere il diritto di voto ai rappresentanti di quei paesi che non rientrano nei parametri di debito e deficit.

La liceità della domanda che potrebbe sorgere spontanea su come i parametri vengano stabiliti e chi lo faccia, non è liceità riconosciuta, al momento, in una Comunità europea che di comune ha certamente la banca centrale e i suoi dignitari "soci".


Il paventato fallimento non solo economico, ma anche politico, quindi ideologico, dell'Europa unita non è necessariamente tale se lo si osserva dal punto di vista di Herman Achille Van Rompuy e cricca. Forse per gli europei questa costosissima macchina non ha portato i benefici sperati, ma per chi ne ha gettato le basi e guidato la marcia, non ci sono molte sorprese nei risultati ottenuti. Sono risultati voluti e perseguiti; tappe necessarie al raggiungimento dell'obiettivo ultimo.


E se questo percorso a tappe, come pure l'obiettivo finale, si discostano abissalmente dal rispetto dei diritti individuali e collettivi di cinquecento milioni di persone, queste non sono che insignificanti controindicazioni all'instaurarsi di una oligarchia bancaria.