di Simone Ferrali
Ci eravamo lasciati così (http://vergognarsi.blogspot.com/2012/01/investimenti-sicuri-padani-e-coerenza.html)
A proposito di contestazioni al Governo: Lunedì 19 dicembre 2011, Roberto Maroni, con un lettera al Corriere, rispose al monito di Massimo Franco contro la contestazione ai limiti della decenza, inscenata dai leghisti in Parlamento, nei confronti di Monti, Schifani e Fini. In questa lettera Maroni rivendica il “diritto a una protesta vivace”; ancora una volta la Lega è vittima di un caso di incredibile incoerenza: infatti credo che nessuno abbia dimenticato le reazioni e i commenti dei leghisti (a quei tempi al Governo), quando l'opposizione criticava il modo di fare dell'esecutivo.
Travaglio, nel suo editoriale del 20 dicembre 2011 (Il Fatto Quotidiano), si è divertito a ricordarne alcune che adesso vi cito: Gianfranco Miglio (padre della Padania, secondo Maroni) all'indomani dell'elezione del 1° Governo Berlusconi, espresse il suo parere, dicendo che B. aveva “un programma demenziale, con roba da restaurazione”; puntualmente arrivò la risposta del Senatur che a suon di “poveraccio”, “vecchio fuori di testa che fa un putiferio perché non gli hanno dato la poltrona”, “me ne fotto delle sue minchiate”, “arteriosclerotico, traditore, panchinaro”, “una scorreggia nello spazio”, zittì il professor Miglio: a quei tempi, la contestazione vivace non era vista di buon occhio dai leghisti.
L'anno scorso invece, alla festa del PD a Torino, un gruppo di giovani contestò il Presidente del Senato Schifani per le sue amicizie mafiose e il vice-presidente del Senato, la leghista Rosi Mauro, intervenne in suo soccorso dicendo che “E' inconcepibile. E queste sarebbero le persone che professano la democrazia nel Paese?”
Ci eravamo lasciati così (http://vergognarsi.blogspot.com/2012/01/investimenti-sicuri-padani-e-coerenza.html)
A proposito di contestazioni al Governo: Lunedì 19 dicembre 2011, Roberto Maroni, con un lettera al Corriere, rispose al monito di Massimo Franco contro la contestazione ai limiti della decenza, inscenata dai leghisti in Parlamento, nei confronti di Monti, Schifani e Fini. In questa lettera Maroni rivendica il “diritto a una protesta vivace”; ancora una volta la Lega è vittima di un caso di incredibile incoerenza: infatti credo che nessuno abbia dimenticato le reazioni e i commenti dei leghisti (a quei tempi al Governo), quando l'opposizione criticava il modo di fare dell'esecutivo.
Travaglio, nel suo editoriale del 20 dicembre 2011 (Il Fatto Quotidiano), si è divertito a ricordarne alcune che adesso vi cito: Gianfranco Miglio (padre della Padania, secondo Maroni) all'indomani dell'elezione del 1° Governo Berlusconi, espresse il suo parere, dicendo che B. aveva “un programma demenziale, con roba da restaurazione”; puntualmente arrivò la risposta del Senatur che a suon di “poveraccio”, “vecchio fuori di testa che fa un putiferio perché non gli hanno dato la poltrona”, “me ne fotto delle sue minchiate”, “arteriosclerotico, traditore, panchinaro”, “una scorreggia nello spazio”, zittì il professor Miglio: a quei tempi, la contestazione vivace non era vista di buon occhio dai leghisti.
L'anno scorso invece, alla festa del PD a Torino, un gruppo di giovani contestò il Presidente del Senato Schifani per le sue amicizie mafiose e il vice-presidente del Senato, la leghista Rosi Mauro, intervenne in suo soccorso dicendo che “E' inconcepibile. E queste sarebbero le persone che professano la democrazia nel Paese?”
Ricordare le sue amicizie mafiose è quindi eversione, mentre urlargli “Buffone”, “Venduto”, “Vaffanculo” (cose dette dai leghisti nei giorni scorsi, durante una seduta del Senato) è indice di “vivacità”; geniale la ricostruzione e la sintesi di Travaglio, pungente al punto giusto come sempre.
Ma in particolare c'è un fatto che mi ha colpito e che mi permette di riagganciare quello che dirò tra poco: correva l'anno 2002, e a seguito di una protesta pacifica di 50000 persone contro le prime leggi ad-personam (prime si fa per dire; diciamo le prime conosciute da tutti), il Ministro della Giustizia leghista Castelli commentò: “Questi discorsi li ho già sentiti da molti cattivi maestri dopo il '68. Poi vennero gli anni di piombo”. I leghisti infatti spesso accusano le manifestazioni promosse dalle opposizioni di essere brigatiste e invocano misure più drastiche nei loro confronti: questa è la loro idea di “Stato di diritto”. Ma fino a qui non ci sarebbe niente di male; è un'idea politica dei politici che io considero poveracci.
C'è un particolare però, che non tutti conoscono, perché è passato nel silenzio più totale dei mezzi d'informazione: solo Il Fatto Quotidiano ne parlò e lo mise in prima pagina, mentre gli altri ne fecero solo un breve accenno (non tutti tra l'altro).
Infatti i leghisti che da un lato come ho già detto vogliono misure più drastiche nei confronti dei “violenti eversori”, dall'altro per pararsi il culo, hanno depenalizzato 3 reati che avrebbero portato a condanna penale certa i massimi dirigenti della Lega.
Ma andiamo per ordine; in un processo di Verona erano accusati i massimi vertici della Lega per aver fondato le “Camicie Verdi”, un'organizzazione paramilitare con finalità politiche (illegale nella nostra Costituzione), per attentato alla Costituzione e per aver attentato all'integrità e all'unità dello Stato.
Ovviamente il processo ne ha viste di tutti i colori; tutto iniziò quando i leghisti furono intercettati mentre parlavano di armi e organizzazione militare per combattere lo Stato ed arrivare alla secessione: la condanna sarebbe stata certa e lo sapeva anche il Procuratore Papalia.
Cosa hanno fatto però i leghisti? Hanno costretto il Governo a depenalizzare i reati.
Ma partiamo dall'inizio: i capi d'imputazione riguardano appunto l'intercettazione del '96, nella quale i vertici leghisti progettavano la secessione. Il Parlamento allora, con una legge ad-LEGAM depenalizzò due dei tre reati sopra menzionati, ossia attentato alla Costituzione e attentato all'integrità e all'unità dello Stato, trasformando la legge a riguardo: infatti la nuova legge prevede che i casi menzionati si considerino reato solo se viene usata concretamente la violenza; quindi se uno si organizza per poi arrivare all'uso della violenza, non commette reato, se è scoperto prima che arrivi all'azione concreta. E due reati contestati da Papalia sono eliminati.
Anche per il terzo reato la Lega trovò la scappatoia: infatti riuscirono a convincere il Parlamento che le idee espresse dai leghisti intercettati, facevano parte delle idee espresse dai parlamentari, e quindi godevano dell'insindacabilità: abusarono quindi dell'insindacabilità parlamentare.
Papalia fece ricorso alla Corte Costituzionale ma non ottenne ragione.
C'era ancora un piccolo problema però: infatti non tutti i leghisti sotto processo erano parlamentari nel '96 e quindi non tutti godevano dell'insindacabilità parlamentare (tra questi anche Giampaolo Gobbo).
Quindi almeno quei poveri sfigati leghisti furono condannati? Ma neanche per sogno, non scordatevi che siamo nella “Repubblica delle banane”.
Il Governo infatti sfruttò il “Decreto Omnibus” del 9/10/2010 che conteneva il nuovo “Codice dell'ordinamento militare (decreto legge 15/3/2010 n.66)” pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale l'8 maggio 2010 con il titolo “Codice ordinamento militare”; in questo decreto ci sono 2272 articoli (più sono lunghi e più il Parlamento non ci capisce nulla). L'articolo 2268 ha centinaia di commi e il comma 297 abolisce un decreto varato nel febbraio del 1948 alla vigilia delle famose elezioni del '48, caratterizzate dal clima di tensione tra DC e fronte popolare. Il decreto in questione è il decreto n.43 del 14 febbraio 1948 che puniva con il carcere da 1 a 10 anni chi “Promuove, dirige associazioni di carattere militare che hanno anche scopo politico”.
Ad attivarsi per eliminare questo decreto fu proprio Calderoli (che di solito è il primo a richiamare lo spettro delle BR, prima e dopo qualsiasi manifestazione studentesca) che spinse per depenalizzare il reato, salvando così gli attivisti e i dirigenti della Lega di Liguria, Piemonte, Lombardia, Veneto, ancora indagati da Papalia ed accusati di aver formato ne '96 la “Guarda nazionale padana”, che aveva come uniforme la camicia verde.
A ottobre intanto, ci fu la prima udienza del processo, e a metà di questa gli avvocati dei leghisti si alzarono in piedi dicendo “Ma lo sapete che il reato contestato non c'è più?”. A questo punto Travaglio scrisse un articolo su Il Fatto Quotidiano e nel Governo scattò il panico: La Russa si accorse di aver depenalizzato un reato grosso e fece sapere che si trattava di un errore materiale (che si può modificare senza l'iter di approvazione parlamentare), ma il Ministero della Semplificazione normativa (con a capo Calderoli) fece sapere che non si trattava di un errore, ma di un comma voluto dalla commissione interministeriale istituita durante il Governo Prodi per riformare il Codice dell'ordinamento militare; ovviamente i responsabili di quella commissione fecero sapere che quella sostenuta dal Ministero della Semplificazione era una cazzata inventata da Calderoli e che la Commissione non aveva mai detto di depenalizzare quel reato. Calderoli quindi, che vuole la galera per i manifestanti, fece sì che il Governo depenalizzasse i reati che avrebbero sbattuto in galera i dirigenti leghisti.
Ma in particolare c'è un fatto che mi ha colpito e che mi permette di riagganciare quello che dirò tra poco: correva l'anno 2002, e a seguito di una protesta pacifica di 50000 persone contro le prime leggi ad-personam (prime si fa per dire; diciamo le prime conosciute da tutti), il Ministro della Giustizia leghista Castelli commentò: “Questi discorsi li ho già sentiti da molti cattivi maestri dopo il '68. Poi vennero gli anni di piombo”. I leghisti infatti spesso accusano le manifestazioni promosse dalle opposizioni di essere brigatiste e invocano misure più drastiche nei loro confronti: questa è la loro idea di “Stato di diritto”. Ma fino a qui non ci sarebbe niente di male; è un'idea politica dei politici che io considero poveracci.
C'è un particolare però, che non tutti conoscono, perché è passato nel silenzio più totale dei mezzi d'informazione: solo Il Fatto Quotidiano ne parlò e lo mise in prima pagina, mentre gli altri ne fecero solo un breve accenno (non tutti tra l'altro).
Infatti i leghisti che da un lato come ho già detto vogliono misure più drastiche nei confronti dei “violenti eversori”, dall'altro per pararsi il culo, hanno depenalizzato 3 reati che avrebbero portato a condanna penale certa i massimi dirigenti della Lega.
Ma andiamo per ordine; in un processo di Verona erano accusati i massimi vertici della Lega per aver fondato le “Camicie Verdi”, un'organizzazione paramilitare con finalità politiche (illegale nella nostra Costituzione), per attentato alla Costituzione e per aver attentato all'integrità e all'unità dello Stato.
Ovviamente il processo ne ha viste di tutti i colori; tutto iniziò quando i leghisti furono intercettati mentre parlavano di armi e organizzazione militare per combattere lo Stato ed arrivare alla secessione: la condanna sarebbe stata certa e lo sapeva anche il Procuratore Papalia.
Cosa hanno fatto però i leghisti? Hanno costretto il Governo a depenalizzare i reati.
Ma partiamo dall'inizio: i capi d'imputazione riguardano appunto l'intercettazione del '96, nella quale i vertici leghisti progettavano la secessione. Il Parlamento allora, con una legge ad-LEGAM depenalizzò due dei tre reati sopra menzionati, ossia attentato alla Costituzione e attentato all'integrità e all'unità dello Stato, trasformando la legge a riguardo: infatti la nuova legge prevede che i casi menzionati si considerino reato solo se viene usata concretamente la violenza; quindi se uno si organizza per poi arrivare all'uso della violenza, non commette reato, se è scoperto prima che arrivi all'azione concreta. E due reati contestati da Papalia sono eliminati.
Anche per il terzo reato la Lega trovò la scappatoia: infatti riuscirono a convincere il Parlamento che le idee espresse dai leghisti intercettati, facevano parte delle idee espresse dai parlamentari, e quindi godevano dell'insindacabilità: abusarono quindi dell'insindacabilità parlamentare.
Papalia fece ricorso alla Corte Costituzionale ma non ottenne ragione.
C'era ancora un piccolo problema però: infatti non tutti i leghisti sotto processo erano parlamentari nel '96 e quindi non tutti godevano dell'insindacabilità parlamentare (tra questi anche Giampaolo Gobbo).
Quindi almeno quei poveri sfigati leghisti furono condannati? Ma neanche per sogno, non scordatevi che siamo nella “Repubblica delle banane”.
Il Governo infatti sfruttò il “Decreto Omnibus” del 9/10/2010 che conteneva il nuovo “Codice dell'ordinamento militare (decreto legge 15/3/2010 n.66)” pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale l'8 maggio 2010 con il titolo “Codice ordinamento militare”; in questo decreto ci sono 2272 articoli (più sono lunghi e più il Parlamento non ci capisce nulla). L'articolo 2268 ha centinaia di commi e il comma 297 abolisce un decreto varato nel febbraio del 1948 alla vigilia delle famose elezioni del '48, caratterizzate dal clima di tensione tra DC e fronte popolare. Il decreto in questione è il decreto n.43 del 14 febbraio 1948 che puniva con il carcere da 1 a 10 anni chi “Promuove, dirige associazioni di carattere militare che hanno anche scopo politico”.
Ad attivarsi per eliminare questo decreto fu proprio Calderoli (che di solito è il primo a richiamare lo spettro delle BR, prima e dopo qualsiasi manifestazione studentesca) che spinse per depenalizzare il reato, salvando così gli attivisti e i dirigenti della Lega di Liguria, Piemonte, Lombardia, Veneto, ancora indagati da Papalia ed accusati di aver formato ne '96 la “Guarda nazionale padana”, che aveva come uniforme la camicia verde.
A ottobre intanto, ci fu la prima udienza del processo, e a metà di questa gli avvocati dei leghisti si alzarono in piedi dicendo “Ma lo sapete che il reato contestato non c'è più?”. A questo punto Travaglio scrisse un articolo su Il Fatto Quotidiano e nel Governo scattò il panico: La Russa si accorse di aver depenalizzato un reato grosso e fece sapere che si trattava di un errore materiale (che si può modificare senza l'iter di approvazione parlamentare), ma il Ministero della Semplificazione normativa (con a capo Calderoli) fece sapere che non si trattava di un errore, ma di un comma voluto dalla commissione interministeriale istituita durante il Governo Prodi per riformare il Codice dell'ordinamento militare; ovviamente i responsabili di quella commissione fecero sapere che quella sostenuta dal Ministero della Semplificazione era una cazzata inventata da Calderoli e che la Commissione non aveva mai detto di depenalizzare quel reato. Calderoli quindi, che vuole la galera per i manifestanti, fece sì che il Governo depenalizzasse i reati che avrebbero sbattuto in galera i dirigenti leghisti.
A questo punto, l'IDV propose una mozione di sfiducia nei confronti del Ministro Calderoli, ma a causa dell'astenzione di Fli, Udc e Radicali il Ministro si salvò.
Tutte queste storie certificano l'incoerenza e l'incapacità dei leghisti. Senz'altro la Padania sopravviverebbe anche senza il resto d'Italia, ma siamo sicuri che con i vertici che la rappresentano non si ritrovino ben presto con le “pezze? Perché hanno una capacità innata di mandare in bancarotta le proprie aziende...non vorrei che facessero lo stesso con la Padania.
Continuando su questa linea di coerenza comunque, non c'è da meravigliarsi se in un futuro la Lega appoggerà le proteste e le vicissitudini dei suoi nemici dichiarati: i Terùn!