di Lucia Pugliese
Pare che la crisi funga da alibi per ogni nefandezza in campo civile da parte di chi, i sacrifici non li vuole proprio fare. Il recente dibattito sull’articolo 18 ne è la prova: lo statuto dei lavoratori non sarà perfetto e non sempre viene rispettato, ma sancisce alcuni principi fondamentali, dai quali non si dovrebbe poter prescindere in ambito lavorativo. In un paese confusionario in materia di regole, dove i sindacati non siedono, come accade altrove, nel consiglio di amministrazione delle imprese, lo statuto rappresenta un fondamentale strumento di protezione. Il suo smantellamento, o una sua modifica in negativo, significherebbe indebolire la possibilità dei lavoratori di rivendicare i propri diritti.
Se volete avere un’idea di cosa potrebbe accadere, rivedete “Bread and Roses”, film simpatico e intelligente, diretto da Ken Loach e distribuito nel 2000: cambiano i tempi e il paese, ma la vicenda è tanto attuale quanto familiare ai nostri occhi. La storia è quella di Maya, un’immigrata messicana a Los Angeles, impiegata in un’impresa di pulizie e di Sam, un giovane e stralunato sindacalista (in cui troverete veramente difficile riconoscere Adrien “Il Pianista” Brody, ), in lotta per far riconoscere il diritto di rappresentanza dei lavoratori ad un’impresa di pulizie al limite dello schiavismo. Ai colleghi di Maya mancano la copertura assicurativa e le ferie; e possono essere licenziati da un momento all’altro, senza una ragione: ovviamente il loro salario è da fame e di straordinari pagati non se ne parla nemmeno. Roba d’altri tempi. Quei diritti,intendo. In una scena memorabile, Sam/Adrien Brody osserva come vent’anni prima i pulitori avessero quelle stesse garanzie per cui nel presente devono lottare. Cos’è successo nel frattempo?
Viene da chiederselo anche oggi, nella vita reale. Certo non si può dire che l’Italia sia mai stata un paradiso per i lavoratori. Nonostante l’articolo 18 e i sindacati (e qualche volta, dispiace ammetterlo, con la loro complicità), molti abusi vengono già compiuti, tra le mille maglie del lavoro precario e dei nuovi contratti. E mentre chiudono aziende e stabilimenti importanti, i manager restano sempre al loro posto.
Invece di progredire verso una maggiore tutela del lavoro, stiamo regredendo. Il timore, è che la situazione non possa che peggiorare. La casta, dall’alto delle sue poltrone di velluto, non farà nulla per aiutare chi lavora, questo è assodato. Quindi, non rimane che lottare e resistere, anche se purtroppo non è affatto facile. Tutti noi abbiamo qualcosa da perdere. Una famiglia da mantenere, qui in Italia o in un altro paese, un affitto o un mutuo da pagare, la rata dell’università, le tasse sempre più alte.
Anche i pulitori immaginati da Loach hanno qualcosa da perdere. Tutti, in effetti, hanno paura di non avere più quel lavoro, che seppur massacrante e avvilente, procura loro il minimo indispensabile per vivere. C’è chi ha il marito diabetico, chi sogna di diventare avvocato, chi deve sfamare la famiglia nel lontano Guatemala. È fin troppo chiaro come sia facile per Sam parlare, senza rischiare nulla di importante: è semplice allora, essere coraggiosi.
Ma forse è proprio questo il punto. Quando ti spacchi la schiena per 5 dollari l’ora,senza alcun diritto, forse non è vero che hai qualcosa da perdere. Forse non hai davvero più nulla, e tanto vale rischiare. Per dirla con le parole di Maya:
“Andrò fino in fondo, perché a questi gran signori, gli prepariamo da mangiare, gli laviamo le mutande, gli facciamo trovare tutto quanto pronto. Tiriamo su noi i loro figli. Ed è come se non esistessimo. “
Nonostante qualche defezione, il carcere, i licenziamenti a raffica, il movimento di Maya rimane unito. Non voglio svelarvi il finale del film: sarà una sorpresa, dolceamara, per chi non l’ha visto. Vorrei invece proporre un motivo di discussione, in giorni di agitazioni. Ha senso lasciare che i nostri diritti vengano calpestati? Io non credo che licenziamenti facili, salari più bassi, meno tutele, l’allungamento all’infinito dell’età pensionabile farà i nostri interessi. Al limite, farà i loro, o getterà questo paese nel baratro. Perciò ho molto rispetto per coloro che in questi tempi difficili non si piegano,ma lottano, protestano, si organizzano: spero solo che le battaglie non siano vane e che riusciremo ad essere tutti uniti. Tuttavia mi rendo conto, anche sulla mia pelle, che non è affatto facile, e che qualche volta si è costretti a chinare il capo. La domanda è, quando per ciascuno di noi sarà il momento di scegliere se arrendersi o lottare,che cosa faremo?