di Roberto Carroll
Non stiamo scherzando e mi auguro che il lettore, dopo aver scorso la notizia, possa sentirsi pervaso da un ottimismo che in questo Paese pare dimenticato.
La notizia giunge da Bergamo dove sono state rinviate a giudizio complessivamente ben 90 persone per una maxifrode al fisco del valore di 18 milioni di Euro. Il settore interessato alla corruzione è quello dell’edilizia e vede coinvolti l’Uniproget Group srl con sede a Bergamo e Romano, un commercialista di Misano, Giovanni Barzago ed altro variegato sottobosco umano tra cui due italiani, Emilio Fratto e Alessandro Messini aventi residenza in Gran Bretagna. La frode è stata concepita utilizzando società cuscinetto che con i loro crediti potevano compensare gli oneri contributivi e fiscali di altre ditte veramente in attività. In queste società “fittizie” erano inseriti prestanome con altisonanti ruoli di amministratori e legali rappresentanti. Quando le società fasulle erano svuotate del credito IVA che era andato a compensare i crediti previdenziali delle ditte vere, ecco che le società cuscinetto venivano trasferite o intestate ad altri prestanome. La delocalizzazione delle attività inesistenti non ha mancato di voler presenziare, nel suo tour turistico, in città più gaudenti quali Bologna o Roma. In questo sprazzo di economia creativa hanno trovato loro giusta collocazione tre funzionari pubblici: Mariano Cosentino dell’Agenzia delle Entrate di Romano, Nicola Gatto e Nicola Di Nuzzo ispettori della cassa Edile di Milano. I tre si sono adoperati per aggiustare o pilotare le ispezioni amministrative nelle varie ditte, hanno fornito segreti d’ufficio attingendo al database informatico dell’Anagrafe Tributaria, hanno fatto ottenere certificati di regolarità. Ecco dunque che tra le mazzette individuate per ottenere il pubblico favore, tra un migliaio di euro e l’altro viene a dar bella mostra di sé un corposo prosciutto di 11 kg. Non è dato di sapere se cotto o crudo. Ma trattandosi di palati fini è da ritenerlo del genere: crudo
Ora vogliamo generosamente valutare un kg di questo prosciutto, che vogliamo stimare di alta qualità, sui 23 Euro al Kg? Dunque 23 moltiplicato 11 ci dà la cifra di 253 Euro! Una miseria, non c’è che dire.
E chi sostiene che la crisi non colpisce tutti i settori sta dormendo il sonno di Odino. Chi non ricorda i bei tempi, non dico della maxitangente Enimont, (quella da 150 miliardi di lire), ma almeno dei puff dei Poggiolini? Quelli sì che erano tempi dove i soldi, quelli veri, spaziavano da una tasca all’altra in base al perfetto equilibrio della circolazione del denaro e: denaro contante. In perfetta sinergia alle regole MEC.
Oggi è triste vedere una classe tendere la mano (o meglio la tasca ) ad un misero prosciutto, pur buono che sia.
Ma se questo è un triste segnale per una classe che ha conosciuto ben altri e alti fasti, la tangente al prosciutto apre a noi, che viviamo nella base, insperati orizzonti ed un più roseo futuro. Finalmente anche noi potremo pregiarci dell’entrare nel club esclusivo dei bustarellari e finalmente corrompere funzionari, politici, direttori di banche e sin anche i bidelli delle scuole non col vile denaro di cui siamo carenti ma con due semplici scatolette di carne in gelatina, un frugale pacco di pasta o zucchero, delle simpatiche cipolline in agrodolce. Ecco dunque il giusto orientamento al superamento dello spettro della crisi, il vecchio e sano baratto: io dare uovo te, tu dare certificato me. Oppure: io dare te bella gallina, tu dare me bello Ipod.
E vaff…all’Euro!