giovedì 22 dicembre 2011

Alto tradimento


di Raffaella Alladio


Il 22 dicembre 1947 la Costituzione della Repubblica italiana venne approvata dall'Assemblea costituente nel suo testo definitivo approvato e pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il successivo 27 dicembre dal Presidente provvisorio di Stato de Nicola.

Quel 22 dicembre Piero Calamandrei, uno dei protagonisti dell'Assemblea costituente, disse:

"Questa solennità non è fatta di frasi adorne, ma di semplicità, di serietà e di lealtà: soprattutto di lealtà. Non bisogna dire che questa è una Costituzione che durerà poco. No: deve essere una Costituzione destinata a durare.

In questa democrazia nascente dobbiamo crederci, non disperderla in schermaglie di politica spicciola e avvelenata.

Se noi siamo qui a parlare liberamente in quest'aula, in cui una sciagurata voce irrise e vilipese, venticinque anni fa, le istituzioni parlamentari, è perchè per vent'anni qualcuno ha continuato a credere nella democrazia, e questa sua religione ha testimoniato con la prigione, l'esilio e la morte.

Mi domando come i nostri posteri giudicheranno questa nostra Assemblea costituente. Seduti su questi scranni non siamo stati noi, uomini effimeri, ma tutto un popolo. Da Matteotti a Rosselli, da Amendola a Gramsci. Sono morti senza retorica, come se si trattasse di un lavoro quotidiano.

Di questo lavoro si sono riservati la parte più dura, quella di morire.

A noi è rimasto un compito cento volte più agevole: quello di tradurre in leggi chiare e oneste il loro sogno: di una società più giusta e più umana.

Assai poco in verità, chiedono a noi i nostri morti. Non dobbiamo tradirli"

A distanza di sessantaquattro anni le aspettative possono dirsi deluse.

La "parte più facile" del lavoro è stata compiuta in maniera sleale e disonesta da parte di tutta la classe politica italiana.

Abbiamo tradito.

Anche noi, anche il popolo che in quei primi anni non poteva essere protagonista più di quanto è stato della politica e della vita sociale, ha tradito il sogno dei padri costituenti che nella Carta Costituzionale avevano scritto una visione del mondo giusta e più umana. Scendendo a inevitabili compromessi gli uomini della costituente avevano provato a guardare un po' più in là del loro naso; smorzando le inevitabili tensioni di un paese stroncato dalla guerra avevano fatto ciò che nessun politico ha più fatto dopo: messo da parte i propri interessi personali per il bene del popolo.

Ma sono stati traditi da tutti: dai loro successori e dal popolo italiano quando è divenuto capace di esercitare concretamente la propria sovranità. Quella decretata nell'articolo 1 della Costituzione.

Perchè nella Costituzione è chiaramente detto che è compito dello Stato, ovvero dei cittadini, della Repubblica, sempre noi cittadini, rispettare i diritti ed esercitarli; promuovere e compiere i doveri. Gli uni rispetto agli altri, sulla base di normative specifiche che gli organi da noi autorizzati avrebbero dovuto scrivere in maniera leale ed onesta.

Se fosse stato compiuto veramente il "facile lavoro" del dopoguerra sulle solide fondamenta lasciateci in eredità con questa Carta Costituzionale, l'Italia oggi sarebbe un paese che di quelle regole non ha più bisogno perchè quelle regole sarebbero incise nel vivere quotidiano di ogni cittadino.

L'anarchia reale.

E se i sogni avevano un senso sessant'anni fa, non vedo perchè non dovrebbero averlo oggi. E se quella Costituzione così valevole non ha incontrato la sua fortuna in questi anni, forse sarebbe il momento di tirarla veramente fuori dal cassetto per riportarla a fondamento di un progresso civile che non sia ancora una volta imposto da una guerra civile.