giovedì 10 novembre 2011

Una nuova fine


di Daniele Pezzini

Ed eccoci così giunti alla fine. Nel voto alla camera sul rendiconto economico dello Stato dello scorso 8 Novembre la maggioranza si è imposta con soli 308 voti favorevoli, grazie all’assenza delle opposizioni dall’aula di Montecitorio. I numeri per governare non ci sono più. Questo comporta, di fatto, la fine del terzo governo Berlusconi, ma anche molto di più.

Dopo diciassette anni il berlusconismo, una delle fasi più buie della storia politica italiana, sembra ufficialmente sul viale del tramonto. Questa volta infatti, dopo molte altre in cui la conclusione della sua carriera politica pareva alle porte, la parola “dimissioni” è arrivata per bocca dello stesso premier: approvazione del maxi emendamento sulla legge di stabilità e poi via. Questo significa forse che il giorno dopo l’addio di Berlusconi ci risveglieremo tutti quanti nel mondo delle favole? Tutt’altro. I problemi del paese non finiscono insieme a lui. La situazione economica e sociale dell’Italia resta preoccupante, le agenzie di rating ci declassano, lo spread Btp-Bund vola a livelli da allarme rosso, le borse faticano a tenere e mentre l’Unione Europea ci commissaria, le piazze insorgono e le proteste popolari non si placano. Gli strascichi di una strategia politica evidentemente inadatta ad affrontare la crisi si riverseranno quindi sia su un eventuale governo di transizione, proprio in questi giorni si parla infatti di governo tecnico affidato all’economista Mario Monti, sia su chiunque dovesse uscire vincitore da una tornata elettorale immediata.

Almeno sulle decisioni da prendere in questi momenti delicati ci si aspetterebbe accordo o quanto meno collaborazione tra i nostri leader politici, ma chiaramente tutto ciò è pura utopia. Ecco quindi che Lega e Idv da una parte spingono per evitare “inciuci” e “ammucchiate” di un governo di transizione, per dirla con le parole di Di Pietro e Bossi, mentre Pd, Udc e ormai anche Pdl preferirebbero aspettare tempi migliori per andare al voto. Anche perché se a destra la scelta dell’eventuale candidato premier resta un’incognita (a quanti elettori fedelissimi del cavaliere sarebbe gradita la soluzione Alfano?), a sinistra non si è ancora in grado neanche di identificare una coalizione, figuriamoci il leader. Come dovremmo guardare quindi, noi popolo italiano, al dopo Berlusconi? Come già accaduto agli inizi degli anni novanta la svolta politica avviene in un clima di profonda incertezza, l’ennesimo caso in cui sembra che l’Italia fatichi a imparare dal proprio passato. Mentre le condizioni del paese peggioravano infatti, i capi dell’opposizione attaccavano, criticavano e patrocinavano manifestazioni di protesta, ma nessuno si è occupato seriamente di pensare al futuro. Questo è evidente, l’alternativa altrimenti sarebbe già pronta. Ora non ci resta che vedere l’evolversi della situazione, con la rabbia, purtroppo, di chi ancora una volta può solo osservare e aspettare.