lunedì 14 novembre 2011

Mr Obama e la tirannia del petrolio


di Francesco Napoletti

Da yes we can a yes we could a no, we can't manc for caz. Il presidente degli Stati Uniti Barack Obama dice addio ai sogni di gioventù, ovvero di quando non era ancora stato eletto.

“Sono assolutamente certo che fra qualche generazione saremo in grado di guardare indietro e spiegare ai nostri figli che questo è stato il momento in cui gli oceani hanno smesso di crescere e il pianeta ha cominciato a guarire” diceva commosso ai democratici che poi lo avrebbero votato in massa anche per le idee innovativamente ambientaliste in un'America capitalista e globalizzante. Oggi gli oceani si allargano eccome, di pari passo con le contestazioni al Presidente.

Nei piani governativi, la costruzione di un oleodotto in più e un piano anti-inquinamento in meno.

Il Keystone XL sarà un oleodotto di ingenti dimensioni e portata, da costruire in Canada per creare circa 20 mila posti di lavoro complessivi e mezzo milione di barili al giorno da portare in Texas e Golfo del Messico.

A premere, la crescente opposizione repubblicana e gli argomenti della stessa circa occupazione e necessità economiche. Dove porteranno le attuali scelte governative?

Politicamente a una perdita di consenso di Obama, abbandonato dalla base e non certo sostenuto dalla lobby petrolifera della quale è schiavo forzato, non servitore. Praticamente egli è in balia delle decisioni repubblicane, che fanno il buono e il cattivo tempo diventando sempre più minacciose (contrariarle comporta il rischio di abbreviare la vita del mandato).

Umanamente a un'ulteriore perdita di fiducia nel futuro, nei valori universali di lungimiranza e di solidarietà globale. In questo mondo non c'è posto per il buon senso. Tanto fra non molto non ci sarà posto per nessun'altra cosa.