lunedì 21 novembre 2011

Merola contro Casa Pound. Nessun dolore, nessuna democrazia


di Lucia Pugliese Chi ama il nero, grida allo scandalo. Chi veste il rosso, invece, esulta. In realtà hanno perso sia i rossi che i neri, ma nessuno se ne accorge: ed è scacco matto alla democrazia.

La pietra dello scandalo è una decisione del sindaco di Bologna, Virginio Merola: il simpaticone che campeggiava sulle foto elettorali accompagnato da un simbolo che faceva il verso al marchio di una nota palestra. Ha così involontariamente rivelato, per associazione, la politica italiana per quello che è realmente: una mera operazione di marketing.

Il primo cittadino del capoluogo emiliano ha negato l’uso di una sala comunale per la presentazione del libro Nessun Dolore scritto da Domenico di Tullio, incentrato sulle attività di Casa Pound, di cui l’autore stesso è avvocato.

Casa Pound è un’associazione di ispirazione fascista. Merola osserva, giustamente, che le nostre leggi vietano la ricostituzione del partito del Duce. Eppure, Casa Pound è un’associazione legalmente riconosciuta e il romanzo di Domenico di Tullio, edito da Rizzoli, è stato un successo editoriale. Come dire, che il fascismo è vietato a parole, ma nella pratica è ancora radicato nel nostro tessuto sociale. Non abbiamo solo politici di retaggio fascista, ma anche idee fasciste e soprattutto metodi fascisti. Lo stesso Virginio Merola ha dato in questo caso, un brillante esempio di censura degno di un regime autocratico.

A Casa Pound era stato inizialmente concesso l’utilizzo delle Sale comunali di Via Battindarno, da parte del presidente del quartiere Reno, Vincenzo Naldi: in realtà la prenotazione era stata fatta a nome dell’associazione Sole e Acciaio, che è notoriamente nient’altro che una delle facce di Casa Pound a Bologna. Che Naldi non lo sapesse pare curioso, tuttavia, in una seconda fase, a detta dello stesso presidente di quartiere, si è proceduto ad una verifica dei materiali proposti da Casa Pound e si è deciso di proibire l’incontro. Merola si dichiara d’accordo con Naldi, ovviamente. Il Pdl, dal canto suo, non perde l’occasione di correre in soccorso dell’estrema destra,nella speranza di rimediare qualche voto: ecco allora che vengono esibite parole indignate e la stanca retorica del “bisogna essere altrettanto duri con l’estrema sinistra”.

Da entrambe le parti si è provveduto a strumentalizzare l’evento, ad agitare ulteriormente gli animi e a sventolare bandiere, nere come la notte della civiltà in cui questo paese è caduto, e rosse come il sangue di un’Italia ferita a morte dai suoi stessi cittadini. Ed ecco che si odono i facili discorsi ideologici, che trasformano qualunque opinione personale in un dogma non discutibile.

Le ideologie sono un facile appiglio in un mondo difficile e confuso, sono una risposta laddove sembrano non essercene. E così, ecco personaggi più o meno discutibili recuperare qualsivoglia stendardo polveroso dagli scheletri della storia, agitandolo convulsamente, e adattandone la sostanza legata al passato ai propri scopi presenti.

Che si tratti di comunismo o di fascismo, la loro eredità è una mostruosità senza fine, a cui dovremmo guardare con ribrezzo. E invece continuiamo a tenere in vita queste ideologie in morte cerebrale, alimentandole con flebo di odio sociale. Non facciamo altro che ripetere gli errori dei nostri padri e dei nostri nonni. Puntiamo il dito contro chi si mostra politicamente diverso da noi e gridiamo: “è colpa sua! Quello sporco fascista/comunista!”

Siamo in fondo, il degno popolo della nostra classe politica. Ciechi all’inverosimile, combattiamo una guerra fra poveri per la gioia di chi può più facilmente comandarci, perché siamo divisi. E così ci tiriamo pietre, ci accusiamo a vicenda,arriviamo persino a preoccuparci delle abitudini sessuali altrui, e non vediamo, che ci stanno togliendo il lavoro, la casa, la dignità. Il vero nemico, sta seduto in parlamento, e per lui l’ideologia non è che uno strumento da usare a fini personali, mentre le idee sono tanto sconosciute quanto pericolose.

Invece sono sicura che i cosiddetti fascisti e comunisti di quest’epoca, sotto i colori della divisa, di idee ne abbiano da vendere. Non c’era Casa Pound a L’Aquila, nel 2009 a poche ore dal terremoto, a dare una mano? E chissà quanti fra i volontari della protezione civile e della croce rossa saranno stati invece “comunisti”. Deponiamo allora armi e simboli, e parliamo: dialoghiamo, per costruire l’Italia migliore che tutti noi desideriamo. Bianca perché in pace sia all’interno sia all’estero; rossa perché viva, capace di suscitare passioni e valere il sacrificio; verde perché colma di speranza per il futuro.