martedì 15 novembre 2011

L’Italia che vorrei


di Luca Quagliani

L’Italia che vorrei… avrebbe romanticismo, passione ed umanità come vi erano secoli fa…

L’Italia che vorrei… avrebbe un popolo fiero di essere italiano, terra di geni, di martiri, di eroi...

L’Italia che vorrei… avrebbe meno notizie di insulso gossip e dedicherebbe maggiore spazio alla cronaca nera che non sia solo quella dalla quale i giornali possano attingere qualsiasi fallace e sanguigna notizia solo allo scopo di trarne maggior profitto. Specialmente a quella cronaca nera del resto del mondo.


Di tutte le milioni di persone senza volto, senza storia, senza voce che vagano nel mondo, su una terra martoriata, su una terra assetata, su una terra in guerra con se stessa…

L’Italia che vorrei… ripudierebbe programmi d’intrattenimento demenziale e tutte le forme di reality show…

Esilierebbe conduttori corrotti, profani giornalisti e cronisti di parte…

L’Italia che vorrei… avrebbe un massimo di 400 parlamentari, tra senatori e deputati, 20 per ogni regione.

E nessuno di questi percepirebbe più di 5 mila euro al mese e soprattutto senza alcuna pensione né privilegio alcuno. E tutti dopo due legislature tornerebbero ad essere ciò che sono e saranno sempre: gente comune. Lasciando lo spazio al rinnovamento, alla gioventù e ad un nuovo avvento, con volti nuovi ed idee innovative. E soprattutto, prevedrebbe che alla Camera dei Deputati si possa accedere da 18 a 40 anni ed al Senato da 40 fino ad un massimo di 65 anni.

L’Italia che vorrei… abolirebbe la “parentopoli” che ogni giorno dilania la meritocrazia e le infligge ferite mortali. Sarebbe un Paese dove tutti si impegnerebbero al massimo per raggiungere i propri obiettivi e non si vedrebbero mai chiudere una porta in faccia perché “Non sei nessuno”.

L’Italia che vorrei… sarebbe solidale, sarebbe unita, sarebbe fiera della propria bandiera e saprebbe quantomeno chi sono stati Cavour e De Pretis. Saprebbero cosa furono la Destra e la Sinistra storica. Comprenderebbero il sacrificio dei fratelli Bandiera o degli eroi decantati nella “Spigolatrice di Sapri”.

L’Italia che vorrei… esilierebbe gentaglia come i membri di un certo partito del nord che continuano a voler dividere l’Italia dopo che centinaia di migliaia di esseri umani hanno lasciato il sangue sul suolo che essi stessi calpestano; soltanto per potergli offrire il “dono” della parola: regalo che molti popoli non possiedono.

Risponderebbero a tono a certi individui spiegandogli il perché il Sud è così martoriato e vittima della criminalità: perché mai nessun governo se n’è interessato a fondo e perché da sempre, persino dai tempi di Cavour, veniva visto solo come una macchina produttrice di prodotti di materia prima e forza lavoro umana. Sfruttato, distrutto, usurpato e mai risollevato…

L’Italia che vorrei… capirebbe che il Paese potrebbe vivere di solo turismo se soltanto non avesse i propri rappresentanti che vanificano qualsiasi fondo messo da parte per il bene del Paese. Con tagli sbagliati e tasse mirate sulla gente indigente. Sarebbe un Paese che lascerebbe in pace i pensionati ed il basso ceto. Perché capirebbe che togliere 100 euro a chi percepisce 900 euro mensili, non è come sottrarne 200 a chi ne percepisce 7.000.

Comprenderebbe che per fronteggiare la crisi dovrebbe risorgere il ceto medio, spazzato via dall’incompetenza generalizzata in campo economico dei vari ministri ed ingordigia delle multinazionali, mai sottoposte ad un vero piano di controllo.


L’Italia che vorrei… saprebbe che è giusto che ogni tirocinante affronti un periodo di rodaggio. Saprebbe però che è sbagliato far durare questo periodo 10-12-20 anni, aumentandogli la retribuzione di 20 euro annui si e no. Saprebbe che c’è dell’assurdo nel confrontare la retribuzione del primario del policlinico di Milano con quella di un ricercatore appena assunto: 1 milione e mezzo di euro annui contro appena 6.000 euro.

L’Italia che vorrei avrebbe una generazione moderna e giovane che non troverebbe tempo da perdere nelle discoteche ad ascoltare puro rumore; a chiedere soldi a mamma e papà considerandoli banche nazionali; parlare solo di stupidaggini ed idiozie; vestirsi come babbuini e seguire una moda che li vuole soltanto omologare come robot; drogarsi, bere e fumare solo per sentirsi più adulti. Si interesserebbe di politica, scenderebbe in piazza e si indignerebbe fino alla morte. Ma non lascerebbe il Paese in mano ai profittatori, agli aguzzini e ai bugiardi. E si accorgerebbe di essere già adulta.

L’Italia che vorrei… avrebbe un popolo adirato contro tutta quella congregazione di suini che abitano da qualche parte dentro Roma. Dentro quello spazio la cui particolarità non è tanto quella di essere uno dei più piccoli del mondo, quanto il più ricco. Capirebbe che non è quello Stato a poter dominare l’Italia ma che l’Italia deve dominare tutto ciò che abita il suo territorio.


Capirebbe che le ultime persone al mondo a poter dare consigli e giudizi sono proprio quelle che hanno emesso giudizi capitali sulle vite di milioni di persone nel corso della storia, le quali sono state causa di molte più morti di tutte quelle causate dalle altre religioni messe insieme.

L’Italia che vorrei avrebbe un popolo orgoglioso come quello francese, fedele come quello inglese, patriottico ed inarrestabile come quello americano, altruista come quello africano, deciso ed attivo come quello giapponese. Il popolo che vorrei saprebbe come tirarsi fuori dalla crisi e risollevare questo Paese.

Mi sveglio… e vedo che l’Italia che vorrei… in realtà non è mai esistita; e forse il peggio deve ancora arrivare.