di Roberto Carroll
In questo clima di gioioso bel tempo autunnale torna a far sentire la propria possente voce uno tra i più audaci oppositori a berlusconi: Walter Veltroni.
Forte di una autorevolezza che risale al 2008, il 30 settembre di questo anno dichiara al Corriere: ''…Sento il dovere, perché sono stato il suo avversario alle ultime elezioni, di rivolgergli un appello perché faccia un gesto che aiuti il Paese a ritrovare serenità e futuro. Se berlusconi decidesse di fare un passo indietro, senza contropartita, compirebbe un atto di intelligenza politica e di rispetto nei confronti degli italiani''.
Prima di scorrere la pugnace dichiarazione di guerra occorre fare un breve salto temporale così da non disperdere la memoria collettiva sul soggetto latore di tanta belligeranza.
Una prima data di partenza è fissata al 17/12/2008 con Prodi che interviene nell’edulcorato salotto di Fabio Fazio alla trasmissione “Che tempo che fa”. In quella sede il Professore sparse ottimismo in abbondanza, partendo dall’alta velocità, dicendo che l’emergenza economico sociale era più psicologica che reale, giustificando il mancato ricevimento del Dalai Lama come operazione di prudenza e soprattutto rimarcando più volte come la squadra di governo funzionasse a dispetto delle dichiarazioni pubbliche dei partiti. Partiti che in fondo fondo, disse il Professore, cercavano solo visibilità.
Bisogna ricordare che la compagine tirata assieme a sostegno di Prodi era così variegata da far impallidire la stessa armata Brancaleone; da Mastella a Di Pietro, da Bertinotti a Fatuzzo la “squadra” sembrava più una copia dell’Inter multi linguistica che unita da comunanza ideologica.
Il professore non fa in tempo a dispensare le sue confortanti parole che neppure un mese dopo Veltroni annuncia al popolo italiano:“ alle prossime elezioni il PD correrà da solo”.
Come ricorderà lo stesso Prodi intervenuto nuovamente da Fazio nella puntata del Marzo 2009 appena Mastella udì quelle parole si affacciò sulla porta e disse: “ Così voi volete far fuori me! Ebbene io faccio fuori prima voi”. Usando, ricorda il professore, un linguaggio più colorito.
Ecco il primo capolavoro di intelligenza tattica del prode Walter. Prodi che al Senato si reggeva sulla salute della Montalcini cade a dispetto delle sue stesse parole sulla coesione governativa.
A quel punto il buon Walter prepara la sua gioiosa macchina da guerra stendendo un programma elettorale in dieci punti in cui non c’è la minima traccia di “conflitti d’interesse” e leggi “ad personam” in quanto per battere berlusconi, mai nominato col suo nome, bisogna superare l’antiberlusconismo.
Ovviamente il successo di berlusconi già scontato da qualunque allibratore anche alle prime armi, si concretizza. Nella tornata del 2006 lo scarto tra Prodi e berlusconi era di circa 20.000 voti, una cifra addirittura inferiore agli spettatori presenti alle partite dell’Atalanta, figurarsi quindi le possibilità di successo nel 2008 con un PD che corre da solo.
Ed infatti Veltroni colleziona uno scarto di tre milioni di voti da berlusconi. C’è da esserne fieri: un aumento di voti l’ha ottenuto.
Forse se l’armata Brancaleone non fosse stata dissolta a quel modo probabilmente berlusconi, pur vincendo, avrebbe governato con condizioni al Senato più vicine a quelle sostenute da Prodi e la carneficina dei nostri diritti sarebbe somigliata meno alla mattanza attuale.
Così con questo invidiabile curriculum di destrezza politica il sagace Walter rilascia al Corriere le frasi sopra citate. La prima boutade è degna dei fratelli Marx:
“…Sono stato il suo avversario alle ultime elezioni…”. Ecco dire che la parola avversario è inappropriata è usare un eufemismo: sarebbe stato meglio usare “Sono stato il suo sparring partner…alle ultime elezioni…”
Quindi prosegue con l’idea del passo indietro, dell’intelligenza politica di berlusconi (che somiglia tanto all’idea dalemiana del “berlusconi è diventato statista”) e così via.
Delle due una: Veltroni o ci è o ci fa. Chiunque dotato di osservazione rileva senza difficoltà che etichettare berlusconi dotato di intelligenza politica e di rispetto verso altri che non siano se stesso è come il credere alla verginità di Messalina. Che inoltre berlusconi lasci il comando prima di aver attuato il suo disfacimento dello Stato e della Magistratura è come chiedere, per citare ancora Veltroni e l’intervista al Corriere, “alla tigre di diventare vegetariana”.
Ecco. La conclusione diventa che se la difesa della nostra democrazia e delle nostre libertà devono trovare tutela sotto l’intelligenza politica di Veltroni ci conviene subito alzare le braccia ed in questo modo recarsi a Palazzo Grazioli dichiarando una resa aperta e incondizionata.