venerdì 21 ottobre 2011

Cambiamenti per il Pdl. Berlusconi: “Al partito serve un nome che commuova”

di Paola Totaro

La situazione politica è quella che è. I sondaggi indicano una caduta del Pdl, finanziariamente le cose vanno malissimo e la gente continua a protestare.


Occorre cambiare qualcosa, per dare nuovo slancio al Partito del Premier in previsione delle elezioni 2013.
Da qualcosa bisognerà pur partire. Un rinnovamento di sostanza? No no meglio di facciata. Meglio rifarsi look cambiando nome.

"Pdl: questo acronimo non comunica niente, non emoziona, non commuove. Chiediamoci se, con largo anticipo rispetto alle elezioni del 2013 non sia il caso di cambiare nome. Comunque non sarà Forza Silvio". Nessuna lista personale ed elezioni anticipate "Mai pensato ad elezioni anticipate, andremo avanti fino al 2013". Questo ha affermato ieri Berlusconi durante la riunione del gruppo del Pdl alla Camera.

Il morale dei suoi non è dei migliori dopo la brutta figura della mancata approvazione dell’articolo 1 del rendiconto finanziario 2010. E Silvio da bravo imbonitore, sfodera le sue armi migliori: "Abbiate, come la ho io, la stessa voglia di fare e di combattere forte e determinata di quando siamo scesi in campo. Andiamo avanti fino a dicembre, da gennaio quando le elezioni anticipate non saranno più un rischio faremo le cose che vogliamo e ci presenteremo al paese con straordinarie riforme".


Elezioni anticipate viste ovviamente come rischio e finalmente sì alle riforme, però non per il bene del Paese, ma come mezzo per essere rieletti. Come i comuni che rifanno l’asfalto alle strade giusto la settimana prima delle elezioni amministrative.

Non potendo permettersi di perdere anche il prossimo referendum, Berlusconi si è detto disponibile "ad approvare una modifica che renda inutile il referendum" sulla legge elettorale, inserendola nella riforma dell'architettura dello Stato e introducendo le preferenze".

Atteggiamento tipicamente mafioso, di chi vorrebbe vendicarsi di uno sgarro invece, quando è tornato a lamentarsi dei pochi poteri che pensa di avere: "Non è possibile che in uno stato moderno il premier non può dimissionare i ministri e questi possono ridere in faccia al presidente del Consiglio".

Prima dei saluti un po’ di cabaret, che non guasta mai e allieta gli animi: "Mi hanno accusato di tutto: l'unica accusa che non mi hanno mai fatto è di essere gay". Ed il gran finale: "Non mi hanno abbattuto con le inchieste giudiziarie, non mi abbatteranno ora".

In bocca al lupo Signor Presidente.