domenica 23 ottobre 2011

Berlusconi: “Ho parlato con la Merkel e l’ho convinta”. Dalla Germania: “Nessun incontro”


di Paola Totaro

Acqua alla gola per Silvio Berlusconi ed il suo governo. Oggi si apre il Consiglio europeo, ufficialmente dedicato al fondo Efsf, ma che in realtà dovrà discutere d’altro: il problema Italia.
L’ha spiegato molto bene lo Suddeutsche Zeitung, quotidiano bavarese - "il vero tema del vertice è l'Italia" - chiedendosi come potrà un governo che fino ad ora si è mostrato inadempiente "in modo quasi criminale", a favorire la crescita, "resistere alla prossima ondata della speculazione".
Essendo ormai sul banco degli imputati il premier dovrà fare l’unica cosa che non vorrebbe: metter mano alle pensioni. L’unico atto concreto che potrebbe rassicurare le cancellerie europee e i mercati sulla buona volontà dell'Italia. "Solo se ce lo chiede l'Europa possiamo farla. Altrimenti la Lega - ha spiegato il premier prima di partire per Bruxelles - su due piedi è capace di mettere in crisi il governo".
La riforma previdenziale è quindi, l'asso nella manica che il premier intende giocarsi al tavolo del vertice. Avrebbe voluto comunicarlo alla Merkel già ieri sera a margine della cena al castello di Meise, per i leader del Ppe. Ma tutti i tentativi di approccio sono stati abilmente evitati dalla Cancelliera.

Eppure il Premier italiano con i giornalisti si è vantato d’averci parlato, addirittura “a lungo”. Ma fonti di Berlino ci tengono a precisare che "non c'è stato alcun colloquio bilaterale, solo un incontro collegiale”.
I soliti trucchetti di Silvio, che alcuni giornali ancora evitano di far notare.
L’unica speranza per la salvezza del governo Berlusconi, è che dal vertice europeo venga un out out forte, che impegni senza vie d’uscita l’Italia ad "uniformare i criteri della spesa sociale". "Uniformare", verbo apparentemente neutro, ma che in italiano verrebbe tradotto come abolizione delle pensioni d'anzianità. Un’intervento di questo tipo era stato già oggetto di discussione segretissima a metà agosto al ministero dell’Economia per inserirla nel decretone, ma Bossi fece saltare tutto. Il progetto era di intervenire sul meccanismo delle quote, per arrivare entro il 2015 a un vero e proprio blocco dei ritiri anticipati, con l'allineamento dell'età ai 65 anni necessari per la vecchiaia. Risparmi calcolati in poco meno di 2 miliardi di euro all'anno.