mercoledì 1 febbraio 2012

Giustizia per Stefano Cucchi: per i medici legali della famiglia fu “picchiato a morte”

di Davide Ferrante per Il Qualunquista
(seguilo su Facebook)

Eppur qualcosa si muove. Malgrado il parere sfavorevole della procura di Roma che mira a negare l’ipotesi del pestaggio che provocò la morte di Stefano Cucchi, i medici legali della famiglia hanno deposto, in un’udienza di primo grado, mostrando alla Corte una “verità scientifica inoppugnabile”. Stefano Cucchi, prima di morire, riferì di essersi procurato ematomi ed escoriazioni cadendo dalle scale, forse per paura. Ma i medici della famiglia hanno presentato un dossier corredato da 150 slides in cui hanno sostenuto che se Stefano non fosse stato percosso, non sarebbe morto, perché “in corrispondenza della frattura lombare all’interno c’era del sangue: questo significa che era una frattura recente”.

Uno dei periti, Cristoforo Pomara, analizzando il cadavere di Stefano ha riscontrato “escoriazioni agli arti superiori” prova di “colluttazione e ripetitività traumatica”. Sulle mani erano presenti 14 ematomi che definiscono “un indice di difesa”. Secondo i medici legali nominati dalla famiglia Cucchi, Stefano fu malmenato al punto di procurargli la morte.

Vittorio Fineschi, altro componente del pool di parte, ha dichiarato ai giudici che le cause del decesso sono associabili al “trauma” e all’”abbandono” perpetrato dai nove medici dell’ospedale Pertini a giudizio, senza i quali Stefano non sarebbe mai morto. Secondo Fineschi i traumi “non sono compatibili con una caduta, ma hanno una genesi traumatica di tipo contundente, violenta. Non è possibile che un soggetto così giovane possa aver avuto quello che abbiamo visto dopo una caduta”.

Queste le deposizioni dei medici legali. I famigliari di Stefano Cucchi, così come quelli di Federico Aldovrandi e Giuseppe Uva, esigono chiarezza per delle morti causate da qualcuno che in taluni casi non è stato neanche iscritto nel registro degli indagati.

Dobbiamo sapere chi ha ucciso Stefano, Federico e Giuseppe. E anche al più presto.