martedì 24 gennaio 2012

Fuori proteste, dentro applausi per Castellucci e la sua piece definita blasfema


Fuori le proteste di chi, da Forza Nuova a Militia Christi fino ai lefebvriani, pur non avendo visto lo spettacolo, lo ha bollato come blasfemo. Dentro, dopo la rappresentazione, l'applauso caloroso del pubblico del teatro Franco Parenti per Romeo Castellucci e il suo 'Sul concetto del volto nel figlio di Dio'. Lo spettacolo, pur essendo già andato in scena senza problemi in diverse città europee, Roma compresa, con qualche contestazione solo a Parigi e Avignone, al suo arrivo a Milano ha suscitato diverse e forti polemiche, da un esposto in procura a una nota della curia meneghina, fino a una presa di posizione della Santa Sede, che in una lettera ha giudicato la rappresentazione offensiva nei confronti della fede. In un crescendo di polemiche, il Franco Parenti ha deciso comunque di portare in scena lo spettacolo di Castellucci. Ma il debutto oggi è avvenuto in un clima blindato, con il teatro presidiato da decine di poliziotti, che hanno bloccato una manifestazione non autorizzata di una ventina di militanti di Forza nuova e anche alcuni manifestanti che volevano entrare con il biglietto, ma che si sono svelati urlando 'vergogna' ad altri spettatori.

Poco prima, a poca distanza dal teatro, anche una 'messa di riparazione' voluta dai lefebvriani e celebrata su un camioncino addobbato da altare, con al centro lo stesso ritratto del Cristo Redentore di Antonello da Messina che campeggia al centro della scena allestita da Castellucci. Secondo le accuse cadute sulla piece, l'immagine del Cristo sarebbe dovuta essere lordata da un lancio di escrementi, che in scena non si è visto, anche se le feci sono al centro della rappresentazione, che si snoda proprio sotto gli occhi del Redentore. Posto come fondale della scena, un candido salotto borghese, il quadro di Antonello da Messina sembra guardare ogni spettatore negli occhi. Una sensazione che si acuisce man mano che cresce il climax, con un figlio quarantenne in giacca e cravatta che accudisce l'anziano padre malato e incontinente, assistendo amorevolmente alla sua perdita di dignità, metaforicamente rappresentata dall'incapacità di trattenere le proprie deiezioni.

Un rappresentazione dominata dall'iperrealismo, con il figlio che pulisce a più riprese il padre, che ogni volta che si sporca piange dalla vergogna e invoca perdono. Un crescendo raggelante dove il salotto bianco diventa sempre più lordo di escrementi, il cui effluvio a tratti arriva fino alle prime file della platea. Al terzo e inutile tentativo di pulire il padre, il figlio si porta di fronte all'immagine di Cristo, quasi a cercarne l'abbraccio consolatorio, mentre una voce femminile sussurra 'Gesu', Gesu" e il padre si abbandona sul letto ormai immondo, prendendosi la testa tra le mani. Mentre padre e figlio scompaiono, un liquido scuro - che secondo i detrattori rappresenta le feci, mentre per il regista é inchiostro - cola sul volto di Cristo fino a coprirlo. Il quadro viene poi lacerato dall'interno per lasciare apparire la scritta biblica 'Tu sei il mio pastore', che però in controluce si legge anche come 'Tu non sei il mio pastore', quasi a rappresentare la fede come dubbio. Quando si accendono le luci, dopo un attimo di turbamento, parte un lungo applauso dalla platea, dove siedono ospiti come l'attore Filippo Timi con la maglietta 'Jesus is lord', Ornella Vanoni, l'assessore alla cultura di Milano Stefano Boeri, in rappresentanza della Giunta, e il teologo Vito Mancuso, invitato da Andreé Ruth Shammah a contribuire al dibattito "per riportare la discussione nella dimensione di un dialogo costruttivo". Da teologo, Mancuso ha spiegato che vi ha trovato grande 'pietas' ma nessuna 'religio' . Se un'accusa si può muovere a Castellucci, infatti, non è certo quella di blasfemia, quanto quella di una certa superficialità nella scelta della simmetria biblica, che lo spettacolo si limita a porgere allo spettatore senza svelarne il senso, lasciando volutamente la platea senza risposte alla grande domanda 'perche' mi hai abbandonato?'.


[Ansa]