venerdì 13 gennaio 2012

Costi di produzione troppo alti? No problem, si chiude. E i costi sociali?


di Luca Faedda

La decisione l’hanno presa a Pittsburgh (Pennsylvania), tutti gli effetti catastrofici li subirà il Sulcis iglesiente (Sardegna), già dichiarato dall’Istat provincia più povera d’Italia. L’Alcoa, in perfetto stile- multinazionale, chiude la fabbrica di alluminio di Portovesme mettendo sulla strada più di 1000 lavoratori. , hanno sentenziato dagli Usa. Ma i costi sociali chi se li accolla? Il Sulcis Iglesiente vanta una sfilza di primati negativi: disoccupazione giovanile oltre il 30%, 33 mila disoccupati su 130 mila abitanti, record regionale di cassintegrati, piccoli imprenditori alle prese con uno Stato sempre più vorace e sempre meno presente.

Il crollo delle cattedrali industriali si sta trasformando in un tracollo sociale inarrestabile. Oggi tocca agli operai dell’Alcoa, ma ieri le crisi avevano altri nomi: Eurallumina, Rockwool, Ila, Sms. Messe in fila, tutte queste croci industriali più l’indotto, fanno 3000 buste paga. Redditi che fino a poco tempo fa alimentavano commercio e artigianato oggi non ci sono più: sono sempre più numerose le attività commerciali che soccombono. Senza dimenticare il disastro ambientale. Le multinazionali che se ne vanno non lasciano in dote solo disperazione e miseria, ma anche inquinamento e bonifiche mai partite. Il Sulcis è in ginocchio, oggi l’emergenza è salvare i 1000 posti di lavoro dell’Alcoa. Prima che la crisi diventi un problema di ordine pubblico.