sabato 21 gennaio 2012

Alla ricerca dello Stato


di Rosario Grillo

La nascita dello stato moderno è stata una grande creazione dell’uomo, incistato nella tradizione europea.

Le realizzazioni concrete di questo artificio umano, prima culturale ( filosofia politica del giusnaturalismo ) e quindi politica di fatto, si trovano al meglio rappresentate nelle monarchie britannica e francese ( la rivoluzione francese e il liberalismo nel corso dell’Ottocento hanno modificato quest’ultima in repubblica ). Altre verranno e, tra esse, l’Italia e la Germania, quasi simultanee nell’epoca della loro unificazione nazionale.
Sarebbe troppo lungo disquisire sulle peculiarità e le deficienze di queste ultime forme di Stato moderno ( Italia e Germania ) e non è lo scopo di questo articolo.

Nella crisi odierna, tanto virulenta quanto incomprensibile, dopo il prolungato periodo di sviluppo e di benessere, sembra proprio mancarci ( in particolare a noi italiani che le imperfezioni della costruzione dello Stato nazionali scontiamo ) l’orizzonte dell’essere collettivo, comunità, struttura unitaria, dello Stato, appunto.

Va subito detto che la storia procede avanti e le esigenze dell’irreversibile globalizzazione hanno messo in crisi mortale lo Stato nazionale. L’orizzonte, di conseguenza, non può che essere lo Stato europeo, formazione statuale più robusta e consona.

Tema, di grande attualità e di vivace dibattito tra il progetto federalista , che già dall’utopia di Altiero Spinelli e di Ernesto Rossi indica con chiarezza lo scioglimento delle peculiarità nazionali nell’alveo dell’unità istituzionale europea, ed il progetto confederalista , che inseguendo il modello degli Stati Uniti salvaguarda le sovranità nazionali mettendole in rete attraverso organismi comuni, principalmente economici, di cui l’euro sarebbe il sugello finale.

Barbara Spinelli, degna erede, incita dalla sua nascita il governo Monti, visti certi accenti del programma di presentazione, a farsi promotore del sogno federalista, con uno sguardo lungo e un lavoro di lunga lena, che, nell’immediato, sono gli unici in grado di portarci fuori dalla crisi e, nel lungo tempo, di edificare saldamente uno Stato europeo in grado di tutelare i suoi cittadini nelle agitate acque dell’era della Globalizzazione.
I suggerimenti provengono anche da autorevoli economisti.

Dall’altro versante – confederazione – non si sfugge a questo dubbio : “ non vorremmo che l’euro divenisse il garante di un’Europa fondata sul doppio sacrificio del welfare e della democrazia “ (B. Spinelli, La Repubblica ), e sono i sospetti sulle manipolazioni dei banchieri e delle criptiche forze finanziarie, che impongono provvedimenti a senso unico sulla pelle delle categorie più deboli.

Visto poi che la leva fiscale ( versamento d’imposte ) è strumento indispensabile di ogni Stato moderno, bene ha indicato l’obiettivo un non-economista, lucido osservatore della realtà, il priore di Bose, Enzo Bianchi ( La Stampa di Domenica scorsa ). “ Mi chiedo se uno dei motivi della progressiva disaffezione verso l’Europa non abbia anche a che fare con il fatto che non paghiamo direttamente alcuna tassa per il fatto di essere cittadini europei : cosa ho a che fare con questa entità superiore che non ha una cassa comune alla quale io contribuisco ? Si è infatti disposti a pagare di tasca propria solo per una realtà che ci supera ma che sentiamo nostra “.

Sfido i nostri politici a confrontarsi su questo asse dirimente nelle prossime elezioni europee.