lunedì 19 dicembre 2011

Habemus Papam. Ma abbiamo anche la crisi


di Lucia Pugliese

Nel Vangelo di Marco si racconta che Gesù, interrogato da Farisei ed Erodiani se fosse lecito pagare le tasse a Roma, rispose “Date a Cesare quel che è di Cesare, e a Dio quel che è di Dio” Il denaro, in fondo, non appartiene al regno del Dio cristiano,ma a quello degli uomini e a loro va restituito. Circa duemila anni dopo, si discute se sia lecito che la Chiesa Cattolica paghi l’Ici sugli immobili destinati al commercio. Qualcuno potrebbe dire “Date all’Italia quel che è dell’Italia”, o no?

In effetti sarebbe un grande gesto di responsabilità del Vaticano dichiararsi disponibile a pagare le tasse(visto che altrimenti i nostri governi non si azzarderanno ad andare contro i suoi interessi), data la grave crisi economica del nostro paese e i sacrifici che il popolo italiano è chiamato a compiere: considerata poi, la notevole ingerenza, nel bene e nel male, che la Chiesa Cattolica ha sulla nostra vita politica e sociale. Non ci si può ricordare degli italiani solo per chiedere l’otto per mille. Tuttavia il Vaticano non è solo un altro stato, ma è anche un altro mondo. Ce lo mostra, poeticamente Nanni Moretti nel suo “Habemus Papam” uscito nel 2011. Le parole più significative sono pronunciate dallo stesso regista, qui nei panni di uno psicanalista chiamato ad occuparsi nel neo eletto Santo Padre:

Qui in Vaticano abbiamo tutto no? Si.. il famoso benzinaio dove la benzina costa meno, negozi, attrezzi sportivi.. la farmacia dove ci sono le medicine che non si trovano a Roma..Bene bene.”

Habemus Papam è un film pacato, che forse deluderà gli anti clericali più accaniti, ma che riesce, proprio evitando di puntare il dito, a porre questioni importanti sulla Chiesa, oltre che sulla natura umana. Moretti dipinge il ritratto di umanità fatta per la maggior parte di cardinali e suore, ma incredibilmente variegata , con uno splendido Michel Piccoli nei panni di un pontefice confuso, ma soprattutto molto umile. Lo vediamo girare per la città eterna in abiti borghesi, come un vecchietto sperduto che parla da solo sull’autobus, ma dice cose sagge. Ad esempio, che è da un po’ di tempo la Chiesa Cattolica fa fatica a capire le cose. Perché, si potrebbe suggerire, il potere, che sia temporale o spirituale, oggi è molto distante dalla gente. Cosa può davvero capire del mondo un gruppo di uomini anziani che si diletta in giochi di cinquant’anni fa, e che, trovandosi a Roma, progetta solo di andare in a vedere la mostra “Vivere con gli etruschi”. E di vivere con la gente, quando se ne parla, signori Cardinali?

Un giro nel mondo, quello vero, difficile, farebbe davvero bene agli alti prelati anche nella realtà: potrebbe forse schiarire loro la mente, come accade al Papa di Moretti. Servirebbe forse, per capire e infine per cercare l’incontro con tutti: chissà, anche forse con quelle categorie che la Chiesa Cattolica oggi si rifiuta di accettare. Certo, in Habemus Papam, le questioni scottanti non vengono mostrate. Al giorno d’oggi pare molto ingenuo immaginare i Cardinali come vecchietti innocui. Ciò che il regista voleva far emergere però, è uno dei mali più radicati nella Chiesa: una sorta di ibernazione dello stato Vaticano. Lo stesso Papa ci viene mostrato come il prigioniero di una presunta santità, che lo rende inavvicinabile, non analizzabile da nessuno: nemmeno da se stesso. Il sommo pontefice non dovrebbe avere i problemi degli uomini comuni: non può essere depresso, né avere carenze di affetto,sogni mai realizzati, rimpianti. Invece Michel Piccoli/Santo Padre li ha, così come i suoi cardinali, così come tutti noi. Significativamente, il colpo di scena finale di Habemus Papam, rifacendo il verso ad eventi ben più antichi, mostra l’impossibilità di un uomo profondamente umile e buono, di essere papa: ciò che gli si chiede infatti, egli non si sente degno di farlo. Eppure, colui che non si crede degno del comando, forse sarebbe il capo migliore. Forse, il Papa di Moretti non avrebbe avuto dubbi sul dare all’Italia quel che è dell’Italia.

Se la Chiesa è fatta di uomini, allora venga in mezzo agli uomini: non le si chiede di essere perfetta, ma di essere umile; non le si chiede nemmeno di rinunciare a tutti i suoi privilegi in un colpo solo, ma di darci una mano; non la si vuole emarginata, ma partecipe al dialogo.

Altrimenti essa sarà solo l’ennesimo, tremendo baluardo del potere che schiaccia i popoli, li rende schiavi, e verrà meno anche al messaggio che pretende di portare nel mondo.