venerdì 30 settembre 2011

Una protesta da dimenticare


di Roberto Carroll

Alla manifestazione degli operai di Termini Imerese del 27 settembre c’era il segretario della Fiom CGIL, Landini. Non c’era Angeletti e non era presente Bonanni. Una vera scalogna.

Sopratutto l’assenza di quest’ultimo. Egli avrebbe potuto spiegare direttamente, senza l’ausilio del tubo catodico, la politica occupazionale di Marchionne ovvero, avrebbe potuto ribadire con forza che è meglio accettare qualche piccolo sacrificio, qualche ritocco al mercato del lavoro piuttosto che il perdere occupazione. Avrebbe potuto aggiungere che il piano Fiat dell’arguto manager non prevede chiusure di stabilimenti ma anzi, un rilancio verso un know how capace di dare un nuovo imprinting in virtù di una operazione sinergica che vede interessati nuovi modelli di welfare da stimare in un target che abbia un’apposita location onde operare la mission attraverso un compartecipato brainstorming tra azienda e workmen così che si attui quell’input di coefficienza tra il work in progress della mano d’opera prestata con il salario ricevuto e gli utili aziendali che verranno reinvestiti per una nuova spinta alla conquista del mercato globale. Ecco, avrebbe potuto dire questo. E dopo defilarsi protetto da un massiccio cordone di forze dell’ordine.

Ma Bonanni non ama il plauso diretto della gente. Per spiegare le ragioni della classe operaia da lui rappresentata preferisce l’ambiente più discreto dei salotti televisivi, al riparo dai richiami della notorietà.

A dire il vero, oltre alla mancanza dei due citati, mancava anche la Camusso. Forse ancora affaticata dalla partecipazione alla festa bolognese della Fiom di tre mesi prima ha preferito evitare un ulteriore bagno di folla. E poi, è comunque in programma l’incontro tra rappresentanza sindacale di Termini Imerese ed il Ministro delle attività produttive Paolo Romani….Quindi non può esservi traccia, almeno stando ai resoconti dei media, degli esponenti politici che hanno fondato la loro storia sulla classe operaia.

Del resto non essendoci campagna elettorale Bersani non poteva essere tra loro, sia mai che possa essere accasato all’iniziativa che Berlinguer compì nei primi anni 80 quando la Fiat, gestita da Romiti, prevedeva la cassa integrazione per 25.000 operai. Magari l’assenza di Bersani si può spiegare numericamente, essendo gli interessati alla dismissione (o nuove collocazioni) di al massimo 2.200 unità e non 25.000 come era toccato all’ex segretario del PCI. Oppure l’assenza del segretario si giustifica con la batosta elettorale dell’ultima tornata politica quando la segreteria del PD toccò con mano il passaggio del proprio elettorato di fabbrica alla Lega,: riconquistarli è fatica sprecata, meglio buttarsi sui colletti bianchi delle banche.

Che non manifestasse Veltroni era scontato. L’artefice dell’ultima vittoria berlusconiana già dimostrò nel 2008 di essere interessato a ceti meno rozzi; la sua campagna elettorale si svolse non nelle piazze ma in suggestivi ed umbratili luoghi alla presenza di persone selezionate. Quanto a D’Alema perché ricordargli i suoi trascorsi di comunista? I tempi sono cambiati, il mondo è globalizzato e nell’ottica del Pd, di buona parte del PD, la globalizzazione ha un volto “umano”. Un volto che al momento stenta a farsi riconoscere ma che seguendo le indicazioni del leader Jovanotti “Io penso positivo…” non tarderà a mostrarsi .

Ma è anche vero che i rappresentanti in questione sono giustificati della loro assenza per una giusta causa: nella Camera dei Deputati il giorno seguente si terrà la votazione sulla sfiducia al Ministro Saverio Romano, per concorso esterno in associazione mafiosa.

Dunque l’Agorà del Partito è assorbito dalle strategie parlamentari che dovranno portare a casa un risultato utile.

Ne consegue che è la Mafia, dunque, l’ostacolo della loro presenza tra gli operai. La mafia. Già.

Orbene una banale riflessione sul collegamento mafia / operai non è del tutto inopportuna. Spiegandosi meglio: è molto più probabile che la mafia possa trovare nuovi adepti attingendo a persone bisognose che non il contrario. L’abc della prevenzione alla mafia è proprio l’occupazione regolare e surrogata da uno stipendio che consenta una vita dignitosa. E per vita dignitosa non occorre riferirsi soltanto ai bisogni materiali ma anche a quelli affettivi, spirituali ossia la possibilità per un lavoratore di passare un tempo umanamente ragionevole a fianco della propria moglie e dei propri figli, alla possibilità di intrattenersi con amici. Date questo ad una persona e diventerà assai improbabile che possa accettare una vita insidiosa e rischiosa come chi percorre strade violente. A chiunque piace la calma e la tranquillità per sé e la propria famiglia: del resto i mafiosi non si combattono per stabilire anche loro una calma territoriale?

Ecco che due argomenti all’apparenza disgiunti un filo comune lo trovano: combattere la mafia con il lavoro regolare. Così il mancato sostegno agli operai di Termini Imerese per una battaglia persa come quella contro il Ministro Romano è segno, più che di miopia politica, di abbandono della propria base ideologica in favore di una classe dirigente che ha un suo esempio nel capitalismo ottocentesco di Marchionne.

Non fosse bastata l’assenza di personaggi visibili alla manifestazione ci hanno pensato Alemanno ed i media della carta stampata a dare il colpo di grazia all’imbarazzante argomento del lavoro.

La notizia più rilevante che ha riguardato gli operai non è la situazione drammatica dei 1800 o 2200 licenziamenti, prepensionamenti o ricollocamenti ormai prossimi ma il traffico romano in tilt, la presa di posizione del sindaco capitolino a tutela dei commercianti, come ben ci ricorda il Corriere della Sera del 28 settembre. Insomma, operai cari, venite pure a Roma, ma a visitarla non per ingolfare ulteriormente il traffico altrimenti: state a casa vostra. E già che ci siete procuratevi una lupara. Hai visto mai che vi giunga un lavoro a chiamata?