di Chiara Valentini
Difficile immaginare che un'intervista ad un quotidiano, per quanto sostenuta da un intervistato e da un intervistatore d'eccezione, per quanto carica di novità e perfino profetica, possa da sola diventare un libro. E invece "La questione morale. Eugenio Scalfari intervista Enrico Berlinguer" (Aliberti editore, pp. 59, e 6.50, con una prefazione di Luca Telese), rappresenta una lettura affascinante ancor prima che utile.
Uscita su "La Repubblica" nel luglio del 1981, questa conversazione ha la qualità di indicare con una chiarezza e un'assenza di diplomazia insolite le malattie che avrebbero portato la nostra democrazia sull'orlo del collasso. La questione morale prima di tutto, individuata dal segretario del Partito comunista nel degenerare di partiti, "macchine di potere e di clientele, federazioni di correnti, di camarille, ciascuna con un boss e dei sotto boss", che avevano occupato lo Stato e le sue articolazioni.
Accusato di evocare l'antipolitica, Berlinguer ne aveva al contrario indicato i rimedi, chiarendo con più di dieci anni d'anticipo i meccanismi di Tangentopoli e in parte anche del più pervasivo presente berlusconiano. Aveva chiamato in causa la rete di compiacenze e di ricatti che in questo tipo di sistema avvolge una parte crescente di cittadini, rendendone il voto sempre meno libero.
In questa intervista riascoltiamo la sua amarezza per la proposta dell'austerità interpretata anche da molti dei suoi come una predica bacchettona, e che invece voleva suggerire, anche qui anticipando i tempi, di "combattere gli sprechi, accrescere il risparmio, rallentare la dinamica perversa della spesa pubblica". Con una conclusione quanto mai attuale: ci vuole una grande credibilità politica e la capacità di colpire i privilegi per poter chiedere sacrifici alla gente che lavora.
Solo tre anni dopo Enrico Berlinguer sarà colpito da un ictus mentre su quel palco di Padova denunciava una volta di più la nostra democrazia malata. Una morte eroica che purtroppo non aveva potuto fermare il declino della nostra classe politica.
Fonte
Uscita su "La Repubblica" nel luglio del 1981, questa conversazione ha la qualità di indicare con una chiarezza e un'assenza di diplomazia insolite le malattie che avrebbero portato la nostra democrazia sull'orlo del collasso. La questione morale prima di tutto, individuata dal segretario del Partito comunista nel degenerare di partiti, "macchine di potere e di clientele, federazioni di correnti, di camarille, ciascuna con un boss e dei sotto boss", che avevano occupato lo Stato e le sue articolazioni.
Accusato di evocare l'antipolitica, Berlinguer ne aveva al contrario indicato i rimedi, chiarendo con più di dieci anni d'anticipo i meccanismi di Tangentopoli e in parte anche del più pervasivo presente berlusconiano. Aveva chiamato in causa la rete di compiacenze e di ricatti che in questo tipo di sistema avvolge una parte crescente di cittadini, rendendone il voto sempre meno libero.
In questa intervista riascoltiamo la sua amarezza per la proposta dell'austerità interpretata anche da molti dei suoi come una predica bacchettona, e che invece voleva suggerire, anche qui anticipando i tempi, di "combattere gli sprechi, accrescere il risparmio, rallentare la dinamica perversa della spesa pubblica". Con una conclusione quanto mai attuale: ci vuole una grande credibilità politica e la capacità di colpire i privilegi per poter chiedere sacrifici alla gente che lavora.
Solo tre anni dopo Enrico Berlinguer sarà colpito da un ictus mentre su quel palco di Padova denunciava una volta di più la nostra democrazia malata. Una morte eroica che purtroppo non aveva potuto fermare il declino della nostra classe politica.
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