Il debito pubblico italiano è di circa 1.900 miliardi di euro. Il dato è noto ai più, almeno quanto l’idea che a creare quel debito enorme siano stati i Governi succedutisi durante la Prima Repubblica, con una gestione scellerata dei conti e l’utilizzo della Pubblica Amministrazione come ammortizzatore sociale.
Se, però, il primo assunto rimane incontrovertibile, il secondo sembra essere solo un falso luogo comune, scorrendo i dati del nostro studio. I numeri (elaborati da Eutekne.info sui dati Istat resi noti fino al 31 dicembre 2010) dimostrano, infatti, che solo il 43,5% di quel debito si è formato prima dell’uragano “Tangentopoli” e del primo insediamento di Giuliano Amato (28 giugno 1992) a Palazzo Chigi. Il restante 56,5% si è, invece, accumulato nel corso della cosiddetta Seconda Repubblica.
Sbagliato, dunque, differenziare i due periodi attraverso un dato quantitativo. Se proprio deve esserci una differenza, questa va individuata dal punto di vista qualitativo: rispetto alla prima Repubblica, quando il bilancio dello Stato chiudeva in negativo ancor prima di conteggiare la spesa per il pagamento degli interessi passivi sul debito accumulato, nella seconda Repubblica, il bilancio chiudeva quantomeno con un avanzo, salvo poi computare la spesa per il pagamento degli interessi passivi accumulati fino all’anno precedente.
Negli anni della Seconda Repubblica, la crescita del debito pubblico (si veda tabella 1) è stata più consistente durante gli ultimi Governi Berlusconi (+11,53% nel periodo che va dall’11 giugno 2001 al 17 maggio 2006; +11,84% dall’8 maggio 2008 al 31 dicembre 2010), seguiti da due Governi tecnici, quello Ciampi a cavallo tra il 1993 e il 1994 (+6,15%) e quello Dini (+5,51%), cui il 17 gennaio 1995 venne affidata la Presidenza del Consiglio dopo la caduta del primo Governo Berlusconi.
Aggregando i dati e riclassificandoli per Presidente (si veda tabella 2), i Governi presieduti da Silvio Berlusconi hanno contribuito all’accumulo di debito pubblico per il 27,41%. Più staccati Prodi (i cui due Governi hanno prodotto l’8,81% del totale), Amato (6,64%) e Ciampi (6,15%). Le statistiche riflettono d’altro canto il numero di giorni al Governo, se si eccettua il caso Ciampi, il cui mandato, in 377 giorni, è riuscito a creare più debito dei Governi Dini (5,51%) e D’Alema (1,99%), durati rispettivamente 485 e 551 giorni.
«I numeri risultanti da questo studio – spiega il direttore di Eutekne.info, Enrico Zanetti – sono stati ricavati associando i dati di contabilità pubblica ai singoli periodi di durata di ciascun Governo. È ovvio che, soprattutto per le esperienze di Governo particolarmente brevi, ci possa essere stato un implicito effetto trascinamento, tale per cui quantomeno una parte dei risultati prodotti può essere, di fatto, ascritta alle scelte politico-economiche del Governo precedente. Discorso che non può essere fatto per i Governi rimasti in carica per più di due anni consecutivi».
Posto che anche i Governi della Seconda Repubblica hanno dato un contributo consistente alla crescita del debito, alcuni di essi sono riusciti quantomeno a ridurre, o a lasciare pressoché invariata, la spesa primaria, al netto dell’inflazione. Una cosa che è riuscita solo ai primi quattro Governi succedutisi dal 1992 in poi (si veda tabella 3), che a questa specifica voce hanno fatto registrare +0,47% (Amato I), -0,54% (Ciampi), -1,20% (Berlusconi I) e +0,14% (Dini).
A partire dal 1996, ovvero durante il primo Governo Prodi, la spesa pubblica è tornata a crescere in modo sostenuto (+6,01%), per poi riattestarsi sotto il 3% con i Governi D’Alema (+2,87%) e Amato II (+2,44%), fino all’esplosione del secondo Governo Berlusconi. Nel quinquennio che va dall’11 giugno 2001 al 17 maggio 2006, infatti, la spesa pubblica è cresciuta del 16,95%.
L’ultima parte del nostro studio fa riferimento ai livelli di pressione fiscale fatti registrare dal 1992 ad oggi (si veda tabella 4), oscillati, negli ultimi 20 anni, tra il 40,6% e il 42,6%. In generale, sono stati solo due i Governi capaci di ridurre la pressione fiscale al di sotto del 41%, entrambi guidati da Berlusconi, nel 1994-1995 e nel quinquennio 2001-2006. Ben quattro volte, invece, la pressione fiscale si è attestata al di sopra del 42%: durante l’Amato I (42,06%), il Prodi I (42,48%) il Prodi II (42,39%) e l’ultimo Governo Berlusconi (42,6%).