di Paola Totaro
SI FA PRESTO A DIRE SEMPLIFICAZIONE. “Una delle vitamine per la crescita è la semplificazione. Perché famiglie e imprese devono fornire certificati alla pubblica amministrazione che li ha già in casa? Basta certificato antimafia”. Queste le intenzioni del Ministro che vede nel certificato ad oggi necessario per poter partecipare alle gare d’appalto, un’inutile perdita di tempo.
L’intenzione del Ministro è probabilmente evitare di chiedere alle imprese la certificazione di un fatto che lo Stato ha già la possibilità di controllare al proprio interno.
Ma senza la richiesta di certificato sicuramente le aziende vicino a Cosa nostra rialzerebbero la testa e tornerebbero a dominare. Ne sono certi Rita Borselli e Confindustria Sicilia che giudicano molto negativamente questa scelta, che sarà contenuta nel decreto Sviluppo.
LIBERTA’ D’IMPRESA. Questa la dichiarazione in merito i certificati di Ivan Lo Bello, presidente dell’Associazione degli Industriali siciliani: "Premesso che non ho alcuna intenzione di alimentare polemiche, reputo l'abolizione del certificato antimafia un duro colpo alla libertà d'impresa. Proprio grazie al certificato antimafia e ai numerosi protocolli di legalità che sono stati cerati, tante imprese pulite hanno potuto misurarsi con il mercato. Anzi, è il mercato stesso a essersi rafforzato grazie ai controlli sulle aziende. Perché in precedenza le società vicine a Cosa nostra schiacciavano le concorrenti oneste. Venendo meno il certificato antimafia, cadrebbe un controllo fondamentale. E si rischierebbe tornare ad anni bui per il mondo dell'impresa e per la Sicilia intera". E conclude: "Ovviamente le certificazioni antimafia possono essere rilasciate in tempi più rapidi e in questo senso occorre lavorare sulle enormi potenzialità tecnologiche della varie amministrazioni pubbliche, valorizzando ad esempio il patrimonio tecnologico e informativo del sistema delle camere di commercio, come peraltro avviene con successo a livello locale con tanti protocolli siglati dalle camere di commercio con le prefetture e le istituzione preposte al controllo di legalità. Molte delle altre certificazioni possono sicuramente essere abolite o acquisite d'ufficio, in tal senso oggi la tecnologia offre una enorme opportunità di semplificazione".
NON SA DI COSA PARLA. Anche Rita Borsellino, deputato al Parlamento europeo e sorella di Paolo, il magistrato assassinato in via D'Amelio, si esprime molto duramente: "Brunetta non sa di cosa parla. Il certificato antimafia è uno strumento fondamentale a garanzia della libertà di impresa e della sana concorrenza. Uno strumento che, piuttosto, andrebbe potenziato, soprattutto per evitare le infiltrazioni in quella rete di subappalti che, come dimostrano le inchieste della magistratura, rappresentano uno dei principali business sommersi delle mafie, al Sud come al Nord. Il vero problema delle piccole e medie imprese italiane non è il certificato antimafia, né il Durc, strumento a garanzia di chi non evade le tasse, ma la malaburocrazia. Un problema che questo governo, di cui Brunetta fa parte, non ha mai veramente affrontato".
SCELTA MIOPE. Una vera e propria scelta miope quella del Ministro, che non vede il grave danno che si arrecherebbe alla lotta alla mafia, intendendo il certificano antimafia una delle tante pretese burocrate dello Stato. Brunetta anche questa volta perde l’occasione di dimostrarsi persona in grado di governare nel vero senso della parola. Un mero burocrate, lui sì, che non vede oltre il proprio naso.